«Io sono giovane, bella e incazzata», dice l’eroina di Avere vent’anni di Fernando Di Leo interpretato da Lilli Carati. Finirà male, stroncata dalla violenza sessista degli anni ’70. Ma neanche a Lilli Carati, scomparsa a 58 anni dopo una lunga e terribile malattia, che era allora così giovane e così bella, e magari non così incazzata, è andata troppo bene nell’epoca turbinosa del cinema e della Roma degli anni ’70, con una vita funestata da cadute nell’eroina, arresti per droga, incidenti, perfino un tentativo di suicidio.

«Razza padana, chiappa sovrana», la battezza guardandole il culo Enrico Maria Salerno in Il corpo della ragassa di Pasquale Festa Campanile tratto dal romanzo di Gianni Brera. Doveva essere il film che avrebbe fissato per sempre come incarnazione della bellezza padana, per lei che era a Varese come Ileana Caravati, e l’avrebbe definitivamente lanciata nel cinema di serie A. Non andò così. Magari gliene importava anche poco a Lilli, che ancora rimpiangeva di non aver potuto seguire Carmelo Bene a teatro nel suo Otello a causa di un contratto capestro con Franco Cristaldi, che la obbligava a scegliere di girare un film dove c’erano soldi veri.

«Per il produttore, non per me», diceva Lilli. Magari il cinema, e anche la sua bellezza, così esibita, le stavano un po’ strette a Lilli, star della commedia sexy, bellissima e così poco docile in un mondo di lupi pronti a sbranarla.Nel 1994 la intervistò Rony Daopoulos per la Rai in una puntata di Storie vere particolarmente famoso: Lilli, una vita da eroina, che diventò un po’ il suo marchio. Sia nella caduta che nel suo recupero successivo.

Lilli, che conoscevo bene, era una persona di grande simpatia e di grande bellezza anche interiore, decisamente diversa da tante ragazze che avevano frequentato il magico mondo del cinema degli anni 70 e 80. Perfino la sua caduta nel soft e poi nel porno, che non amava affatto ricordare, l’aveva vissuta in maniera traumatica. E le ferite, anche anni dopo il suo arresto nel 1988 e il tentativo di suicidio in carcere, si facevano sentire. Anche del cinema non aveva grandi ricordi, era un ambiente che non le era mai piaciuto, che riteneva falso, non aveva frequentato e che aveva vissuto un po’ subendolo, lei brava ragazza di Varese di piccolissima borghesia che era precipitata a Roma con un corpo statuaria e una bellezza dirompente pronta a finire sugli schermi della commedia sexy del tempo e del cinema di genere.

Aveva esordito a metà degli anni ’70, dopo essere arrivata seconda a Miss Italia nel 1974, grazie a un contratto con Franco Cristaldi. in Di che segno sei? di Sergio Corbucci, a 18 anni, la troviamo in coppia con Jack La Cayenne affrontare in una gara di ballo la coppia Adriano Celentano e Mariangela Melato. Sono tutti e quattro spettacolari. Avevano provato le scene di ballo per un mese sempre insieme. É lì che nacque un’amicizia con Celentano. Per lei, che avrebbe poi fatto scene di nudo in tutti i suoi film o quasi, fu impossibile mostrare un seno a Celentano nella sua scena di seduzione. Mostrò solo le gambe.

La troviamo anche ne Il consigliori di Alberto De Martino con Tomas Milian, con cui girò pure il divertente Squadra antifurto nel ruolo della bella di turno. Non è bellissima la sua prima commedia sexy, La professoressa di scienze naturali di Michele Massimo Tarantini. Né lei né il regista avevano buoni ricordi l’una dell’altro. Un po’ più divertente La compagna di banco di Mariano Laurenti, ma non diventerà mai una Edvige Fenech.

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Diciamo che il suo film più importante, per noi fan, era stato proprio Avere vent’anni di Fernando Di Leo, dove assieme a Gloria Guida attraversava la Roma della fine degli anni 70, tra strafattoni, freakkettoni politicizzati, mimi, poliziotti, santoni e criminali. Un film che la vede in una celebre scena d’amore lesbico con Gloria Guida che nessuna attrice girerebbe oggi e in un finale terribile, che in certe edizioni venne cambiato per inutile perbenismo, che mostrava la faccia più oscura e fascista di quel tempo. Del resto quelli erano i suoi anni, tra un film sul nudismo, Senza buccia di Marcello Aliprandi, girato assieme a Ilona Staller, il Poliziotto sprint con Maurizio Merli, il film di donne violente e politicizzate,

Le evase di Giuseppe Brusatori, che l’aveva molto divertita, anche perché non doveva ripetere il ruolo di fidanzata dell’eroe o di bamboletta sexy, e Il corpo della ragassa di Pasquale Festa Campanile, il suo film più ricco. Campanile la volle ancora in Qua la mano con Adriano Celentano prete ballerino, dove balla proprio insieme al molleggiato, ma non riuscì davvero a lanciarla e, dopo qualche commedia, C’è un fantasma nel mio letto e Il marito in vacanza, entrò nel cinema porno soft di Joe D’Amato con poca grazia in film come L’alcova, Il piacere, Lussuria, che non amava ricordare, anche perché li vedeva come anticamera del suo sprofondamento nell’hard vero e proprio in una serie di porno girati da Giorgio Grand, noto anche come Double G, Una moglie molto infedele, Una ragazza molto viziosa, che la portarono perfino a girare un film con il maestro americano Alex De Renzy in coppia con Henri Pachard, The Whore o Le super scatenate.

Siamo alla fine degli anni’80, Lilli, che è eroinomane già da parecchio, nel 1988 viene arrestata con 4 grammi di eroina e finisce in carcere. Il cinema, quello vero e quello porno, se lo poteva scordare. Ecco, Lilli non ha mai sognato il grande cinema o Fellini, come in uno dei suoi ultimi titoli «seri», Magic Moments di Luciano Odorisio, dove ripete lo spogliarello di Aiché Nanà ai tempi della Dolce vita, lo ha solo attraversato con una bellezza fuori misura e una grazia da angelo caduto che lo schermo di nessuna commedia sexy o di nessun hard è riuscito mai a rivelarci nella sua integrità.