Qualche giorno fa, il 21 aprile, dopo la presentazione del rapporto Europol, Jacques Toubon, ex ministro ora con la carica di Difensore dei Diritti, ha lanciato l’allarme sulla «situazione di grande vulnerabilità» in cui sono costretti a vivere i minorenni isolati nei campi profughi improvvisati che esistono in Francia. A Calais, con un censimento approssimativo realizzato il 31 marzo, è stato calcolato che ce ne sono 310, un quarto con meno di 15 anni, il più giovane ha 7 anni. Toubon ha sottolineato che «vivono in condizioni estremamente miserabili», sono potenziali vittime degli adulti.

A marzo, l’associazione britannica Help Refugees ha affermato che a Calais 129 minorenni sono scomparsi. Passati clandestinamente in Gran Bretagna? L’intenzione è questa, anche per i minorenni, che hanno dei parenti oltre-Manica. Toubon ha rilevato che i dispositivi messi in opera per i rifugiati, già più che carenti, molto spesso non raggiungono i minorenni: «Il dispositivo attuale non tiene conto della specificità dei minorenni, del loro percorso, della volontà tenace di raggiungere la Gran Bretagna, passano attraverso il sistema, senza che sia prevista una stabilizzazione».

Eppure, sulla carta in Francia è in vigore la circolare Taubira (dal nome dell’ex ministra della Giustizia), del maggio 2013, che prevede un percorso specifico per i minorenni, che dovrebbero venire diretti verso i centri Ema (Valutazione, messa al riparo). Una volta stabilito che la persona ha meno di 18 anni, dovrebbe avere accesso al Diritto sociale all’infanzia, che prevede un tetto, il vitto, la scuola. Ma questo circolare non è applicata, o solo raramente. La Cimade, una delle organizzazioni che si occupano di rifugiati, ha sospeso per protesta gli interventi al Cra (Centro di ritenzione amministrativa) di Rennes (dal 18 al 20 aprile) per denunciare la situazione. Anche nei Cra vengono rinchiusi minorenni isolati, cosa assolutamente illegale. La Cimade ha spiegato che dopo lo smantellamento forzato della parte sud del campo di Calais «il problema si riforma altrove». Ormai ci sono campi lungo tutta la costa della Manica, a Ouistreham, Cherbourg, Roscoff, Saint-Malo, Le Havre, Dieppe e anche a Parigi si sono ricostituiti, come sotto la metropolitana aereo a Stalingrad. Solo alla Grande-Synthe, un comune di 22mila abitanti, il sindaco Damien Carême con Msf, forzando la mano al governo, ha aperto il 7 marzo scorso il primo campo di rifugiati francese che rispetta le norme internazionali, nella zona de La Linière, «Non lontano dall’autostrada – spiega Carême – che è il loro cordone ombelicale», che mantiene viva la speranza di andare in Gran Bretagna.

Il campo, costato 4 milioni di euro, offre 389 shelters, organizzati in 6 zone, ai circa 1300 rifugiati, tra cui 171 minorenni, in maggioranza provenienti dal kurdistan iracheno. È stata aperta una scuola (ce n’è una anche a Calais, tra le poche costruzioni precarie a non essere stata distrutta dallo smantellamento). Alla Grande-Synthe c’è una ex direttrice di scuola in pensione e degli insegnanti volontari (c’è il problema non trascurabile della lingua, i ragazzini vogliono imparare l’inglese). Una cinquantina di bambini la frequentano regolarmente. Qui c’è anche un sostegno giuridico. Degli avvocati volontari, presenti anche in altri campi, aiutano i minorenni a ottenere il ricongiungimento famigliare. Alla Grande-Synthe, 165 bambini rientrano nei criteri per poterlo ottenere. «La procedura esiste – spiega l’avvocata Orsane Broisin – ma in pratica è una battaglia, non ci sono garanzie, i tempi non sono chiari, per alcuni si procede in fretta, per altri i tempi sono molto lunghi».