La grande ricchezza, nella più brutale diseguaglianza
Un’opera Duane Hanson
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La grande ricchezza, nella più brutale diseguaglianza

Le leggi (nazionali e regionali) sono usate per cristallizzare privilegi e rendite di posizione, aiutando la progressiva concentrazione della ricchezza in poche mani
Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 23 agosto 2022

Nel mezzo di un’emergenza globale, i tre leader della destra sono impegnati in una propaganda martellante sui loro temi preferiti: meno tasse per i ricchi (flat tax), pace fiscale per gli evasori (maxi-condono), presidenzialismo. Un misto di populismo fiscale e di sovranismo politico. Lo Stato è criticato per la lentezza burocratica che frena l’espandersi del dinamismo economico delle imprese. Ma la destra italiana sa bene che l’attuazione del «credo» liberista (privatizzazione dei servizi pubblici, destrutturazione dei rapporti di lavoro e delle tutele sociali, revisione del Pnrr per liberare il mercato dalle pastoie e dai vincoli della transizione ecologica) dipende dall’attività legislativa e di governo. In una parola la destra al potere come garante del profitto privato e della società dell’abbondanza.

C’è da dire che la pagina sul fisco dell’Agenda Draghi, rimasta desolatamente bianca, ha fornito un assist formidabile alla coalizione di destra, aiutata anche, vorrei aggiungere, dall’inspiegabile arrendevolezza di quanti ancora oggi dichiarano di sentirsi orfani del presidente Draghi e ne invocano il ritorno. Così Meloni, Salvini e Berlusconi possono lanciarsi in promesse mirabolanti, rivendicare di avere scongiurato la riforma del catasto e di avere affossato la legge delega.

Nei loro discorsi preannunciano un governo che taglierà le tasse e farà decollare un helicopter money con un nuovo carico di sussidi, bonus e incentivi che pioverà sugli italiani. Una montagna di soldi che non ci sono, una politica fiscale demagogica e irresponsabile, esplosiva per i conti pubblici, disastrosa dal punto di vista redistributivo, pericolosa per la coesione sociale e per la stessa tenuta democratica.

L’affermazione di Joseph Stiglitz, secondo cui «l’ineguaglianza è il risultato di forze politiche e di forze economiche» si adatta perfettamente al caso italiano. Nell’annuale presentazione dei Rapporti sull’economia delle regioni, Banca d’Italia ci fornisce i dati di un paese con una ricchezza superiore al resto d’Europa. Il patrimonio finanziario e immobiliare delle famiglie italiane si aggira intorno ai 10 mila miliardi di euro, pari a sei volte il Pil. Solo i depositi sui conti correnti bancari raggiungono una cifra equivalente al Pil (1700 miliardi). Si stima inoltre che 100 miliardi, o forse più, siano ben conservati nelle banche svizzere. Le famiglie proprietarie di casa sono l’81 per cento.

Le stime statistiche però non spiegano tutto. Dicono che il patrimonio delle famiglie italiane è mediamente di 168 mila euro; che il patrimonio di una famiglia del Nord (211 mila euro) è il doppio di una del Sud e delle isole. Emergono distanze significative tra le aree del paese. Ma la «media» nasconde altre differenze importanti. Comprende miliardari e multimilionari e, insieme, lavoratori poveri, precari, famiglie indigenti. Include evasori impuniti e contribuenti onesti.

Nel dato medio scompaiono disparità e disuguaglianze e non è un caso che i politici liberal-liberisti di casa nostra lo preferiscano. Hanno così mani libere quando si tratta di modulare e indirizzare gli interventi pubblici. Le leggi (nazionali e regionali) diventano strumento di cristallizzazione di privilegi e rendite di posizione, aiutano la concentrazione della ricchezza in poche mani.
Anche l’autonomia differenziata, che insieme al presidenzialismo ridisegna l’assetto istituzionale dello Stato, è un chiaro tentativo di ingessare i divari territoriali e gli attuali rapporti sociali. Dunque il federalismo dei ricchi che segue il fisco dei ricchi.

Ce n’è abbastanza per concludere che la questione fiscale si lega direttamente alla giustizia sociale ed è questione politica par excellence. La logica proporzionale del prelievo fiscale, oggi prevalente, accentua disuguaglianze e distorsioni. Al contrario, ripristinando criteri di equità e progressività, come prevede la Costituzione, è possibile riattivare meccanismi positivi di redistribuzione e usare la leva fiscale per orientare una nuova domanda sociale e ambientale e nuovi comportamenti e stili di vita, in linea con un’economia sostenibile e con una società solidale.

Sulla questione fiscale, a sinistra, permangono posizioni ondivaghe e inadeguate, tendenti a contemperare riduzione del carico fiscale sul lavoro e timide proposte per aumentare le tasse sulle grandi eredità (oggi lo 0,03 del gettito complessivo). Sarebbe ora di uscire da proposte spot, poco efficaci sul piano propagandistico e poco credibili per riconquistare un largo consenso popolare. E impegnarsi per una riforma strutturale del sistema fiscale.

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