A differenza di altre cinematografie, come quella americana, inglese e francese, relativamente poche sono le pellicole italiane sulla Grande Guerra ed è significativo che alcune di esse siano state girate in Friuli Venezia Giulia, che fu uno dei principali teatri di quel lungo e logorante conflitto. Che cosa vi cercano i cineasti italiani e stranieri? Ciò con cui quel territorio era generalmente identificato nell’immaginario collettivo: le montagne, il confine e, appunto, la Grande Guerra. Le potenzialità del Friuli come set cinematografico vengono scoperte negli anni ’50, a partire da due grosse produzioni cinematografiche, il kolossal americano “Addio alle armi (“A Farewell to Arms”, 1957) e “La grande guerra” (1959) di Mario Monicelli, alle quali è dedicata la mostra “La grande guerra nel cinema. Venzone come set di Hollywood e Cinecittà”. Allestita dalla Cineteca del Friuli con una ricca serie di manifesti, locandine, foto di scena, fotobuste, e aperta dal 6 giugno al 23 agosto, la mostra è ospitata nel cinquecentesco Palazzo Orgnani Martina di Venzone, storica cittadina medioevale a una quarantina di chilometri a nord di Udine, location principale dei due film. Fu David O. Selznick, produttore di pellicole di grande successo come il celeberrimo “Via col vento”, a voler girare in Italia la seconda versione cinematografica del famoso romanzo di Ernest Hemingway, cercando di trovare un punto d’incontro tra il realismo geografico (i luoghi descritti nel libro) e le esigenze commerciali del cinema americano dell’epoca che, enfatizzando l’uso del colore e del Cinemascope, era alla ricerca di bellezze paesaggistiche, scenari naturali maestosi e spettacolari, architetture pittoresche. Venzone, pur essendo stata una delle tante cittadine friulane delle retrovie durante la guerra, non c’entrava con il romanzo di Hemingway, ma dopo tanti sopralluoghi Selznick si convince che il suo caratteristico aspetto antico – le mura medioevali, la piazza, le tipiche vie strette – e la sua posizione ai piedi delle montagne erano in grado di evocare con immediatezza al pubblico internazionale l’ambiente della prima guerra mondiale in Italia. Quando iniziano le riprese, nel mese di aprile del 1957, Venzone diventa una specie di succursale di Hollywood, con la presenza di una numerosa troupe guidata e diretta dal produttore stesso, che, dopo una clamorosa rottura con il regista John Huston, ha trovato in Charles Vidor, un più malleabile ed accomodante esecutore delle sue volontà, rivolte principalmente a valorizzare il ruolo di sua moglie, Jennifer Jones. La presenza dei divi americani (la Jones e soprattutto Rock Hudson, allora all’apice della carriera) e italiani (Vittorio De Sica e Alberto Sordi) richiama quotidianamente folle di curiosi nelle vie e nella piazza del Municipio occupata da centinaia di comparse, tra cui molti ex alpini nel ruolo di soldati. In particolare, la piazza diventa non solo il quartier generale della troupe, ma anche una vera e propria star del film in quella che è la sequenza più spettacolare e di coinvolgente impatto emotivo: la partenza delle truppe per il fronte e l’addio della crocerossina Catherine al tenente Frederic Henry. Per il Friuli, che viveva allora in un clima provinciale, la realizzazione di “Addio alle armi” (che a tutt’oggi resta la più grossa produzione cinematografica realizzata nel territorio regionale) fu un avvenimento eccezionale: l’impatto con il mito fascinoso di Hollywood, il sogno americano, il mondo del grande cinema. Il film di Selznick che, secondo il gusto hollywoodiano dell’epoca, coniuga amore e guerra, vicende private e tragedie collettive, non piacque alla critica e tuttavia, grazie anche al grande lancio pubblicitario, ebbe un buon successo di pubblico e contribuì a stimolare il cinema italiano ad affrontare il tema della prima guerra mondiale, che fino ad allora era stato trattato relativamente poco e con risultati mediocri. Anche l’efficace uso cinematografico di Venzone come set aveva certamente destato interesse, tanto che due anni dopo il produttore Dino De Laurentiis decide di girarvi “La grande guerra” (1959), diretto da Mario Monicelli e interpretato da Vittorio Gassman, Alberto Sordi e Silvana Mangano, in cui toni da commedia si intrecciano a momenti di realismo, sottolineati anche dalla fotografia in bianco e nero di Giuseppe Rotunno. Di Venzone vengono valorizzate le mura, Piazza Municipio, strade, palazzi, vecchi edifici, di cui vengono utilizzati anche gli interni. Inoltre, il fatto che a Venzone fossero ancora evidenti le rovine e le macerie di case e palazzi bombardati durante la seconda guerra mondiale contribuiva a dare un tono di autenticità all’ambientazione. Al di là del piano cinematografico, va evidenziato l’eccezionale valore documentario delle sequenze di “La grande guerra” e di “Addio alle armi” girate a Venzone, perché costituiscono una preziosa testimonianza di storiche architetture che sarebbero state distrutte dal terremoto del Friuli del 1976. Film di grande successo di pubblico e di critica, nonché vincitore (ex aequo con Il generale Della Rovere di Rossellini) del Leone d’Oro al Festival di Venezia, “La grande guerra” di Monicelli pochi anni dopo farà sentire la sua influenza su un altro film italiano ambientato durante la prima guerra mondiale e diretto da Pasquale Festa Campanile che riporta sullo schermo personaggi abili nell’arte di arrangiarsi, opportunisti e pusillanimi, i quali però, in extremis, si dimostrano capaci di gesti di coraggio, diventando “eroi per caso”. Si tratta di “La ragazza e il generale”, a cui pure la mostra della Cineteca del Friuli dedica ampio spazio. Prodotto da Carlo Ponti e distribuito dalla Metro Goldwyn Mayer, viene girato quasi completamente in esterni in Friuli Venezia Giulia nell’estate del 1966. È essenzialmente un film d’attori, senza masse o spettacolari scene di combattimento, quasi un “road movie”, nel senso che le avventure e peripezie dei tre protagonisti (Virna Lisi, Rod Steiger, Umberto Orsini) danno modo di percorrere sullo schermo l’intero territorio regionale: dalle montagne della Carnia a Venzone, dalle rocce carsiche della Val Rosandra nei dintorni di Trieste alla Bassa friulana, dove il fiume Stella e il Tagliamento rappresentano il fronte del Piave. Queste tre produzioni cinematografiche, realizzate in un arco di tempo relativamente breve, contribuiscono in maniera determinante a far conoscere le potenzialità del Friuli come set. I paesaggi, le architetture, gli ambienti utilizzati in questi tre film, scenari che conferiscono a tali pellicole una grande forza visiva ed emotiva, contribuiscono dunque a costruire un’immagine cinematografica del Friuli che viene ampiamente veicolata a livello nazionale ed internazionale.