Oggi a Sibiu, in Romania, il Consiglio europeo dedicato a definire le grandi linee di un’«agenda strategica» della Ue per i prossimi anni, si tiene a 27, senza la presenza di Theresa May. Ma la Gran Bretagna non ha ancora detto l’ultima parola in Europa e del resto potrebbe partecipare al Consiglio del 28 maggio, subito dopo il voto europeo: il numero due del governo, David Lidington, ha affermato martedì che i britannici parteciperanno alle elezioni. Voteranno il 23 maggio (nella maggior parte dei paesi Ue sarà il 26). Difatti, non c’è più tempo per votare e ratificare l’eventuale approvazione di Westminster dell’accordo di uscita, concluso tra Londra e Bruxelles alla fine dello scorso anno e accettato dai 27.

Westminster ha già respinto questo testo tre volte e la Brexit, che avrebbe dovuto intervenire il 29 marzo scorso, è già stata rimandata due volte: prima al 12 aprile, poi, visto che la data non è stata rispettata, al prossimo 31 ottobre. La data era stata fissata per tener conto dei tempi tecnici di uscita, ma restava la speranza che i britannici votassero l’accordo prima delle elezioni europee, così da non interferire e creare una situazione che può portare danno all’immagine dell’europarlamento.

«Perché i Tories partecipano a un’elezione a cui non vogliono partecipare?» è stato chiesto al parlamento britannico. «È la democrazia», ha risposto il governo.

Ormai May si attacca a tutto, si è persino ispirata alla vittoria a sorpresa del Liverpool: «Quando tutti dicono che è finita, che è il momento di dichiararsi sconfitti, nei fatti possiamo ancora arrivare a un successo, se ci mettiamo tutti assieme». Ma May non è riuscita a raggiungere un accordo con il Labour, per arrivare a un voto che porti a una Brexit organizzata. «È sfortunatamente impossibile portare a termine la procedura prima della data legale alla quale di dovranno tenere le elezioni», ha spiegato Lidington.

I Tories, in effetti, in queste ore sono più preoccupati di trovare un’intesa tra loro per modificare il regolamento, che impedisce di votare una nuova sfiducia al governo May, se non sono passati 12 mesi dall’ultimo assalto.

L’obiettivo è far dimettere May, che invece resiste, malgrado i fuochi incrociati dei brexiters più duri, che la trovano molle, e di coloro che sperano ancora in una Brexit negoziata e più soft possibile.

Ma più si va avanti senza decidere, più si concretizza l’ipotesi di un «salto dalla scogliera» senza reti, cioè un’uscita secca senza ordine, per ora previsto la notte di Halloween.

Intanto, si è aperta la confusione sulle elezioni dell’europarlamento. Lidington assicura: «Raddoppiamo gli sforzi perché i tempi dopo le elezioni siano i più corti possibile, l’ideale è che i nuovi eletti britannici non siedano al parlamento europeo».

La seduta inaugurale del nuovo europarlamento, che uscirà dalle elezioni del 23-26 maggio, è il 2 luglio prossimo. Se entro quella data, i britannici avranno deciso cosa vogliono fare, sarà possibile che i loro deputati non si presentino a Strasburgo (ma chi dice che qualcuno, una volta eletto, non voglia poi rinunciare? sulla carta sembra che abbia la possibilità di farlo). I 27 devono così fare i conti con questa nuova grana regalata da Londra.

Per tener conto della Brexit, infatti, il numero degli europarlamentari era stato diminuito dagli attuali 751 a 705. Solo 27 seggi britannici erano stati ripartiti tra i paesi Ue, per riequilibrare i rapporti demografici (i restanti sono conservati per i prossimi allargamenti): per esempio, 3 eurodeputati in più per l’Italia, 5 per la Francia. Ma se i britannici votano, il numero degli europarlamentari torna (provvisoriamente) a 751 e i vincitori dei 27 seggi che erano stati spartiti dovranno aspettare la Brexit per occupare il posto.