Chiunque abbia avuto occasione di vedere Nelken, di Pina Bausch, non potrà dimenticare un sontuoso Lutz Förste in piedi su un tappeto di garofani che interpreta The man I love di Gershwin. La voce fuoricampo è di Sophie Tucker, il danzatore tedesco invece canta con le mani. La lingua dei segni che utilizza è in quella scena un inno sconfinato di amore, rappreso in un corpo che racconta l’eleganza del segreto, della promessa attesa eppure che respira nella massima esposizione di sé, apparentemente intraducibile in parole.

Che le lingue dei segni abbiano un fascino visivo e di incantamento anche per chi è udente, ovvero chi non fa parte delle comunità segnanti (in maggioranza sorde) sparse nel mondo, risulta da immagini iconiche come quelle mostrate da Bausch. La storia, per converso, della lingua dei segni, in particolare in Italia, individuata con l’acronimo Lis, ha conosciuto alterne vicende, ritardi nel suo riconoscimento, racconta di lotte da parte della comunità sorda. Soprattutto dice della coscienza di una autonomia, di una sintassi, di regole, di un lessico in evoluzione che utilizza componenti manuali e non.
Virginia Volterra, dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (Cnr di Roma), è stata ed è tra le ricercatrici più attente a studiare la Lis, con numerosi e rigorosi lavori scientifici a riguardo. Ne parlerà oggi alle 11 nell’ambito del Festival del Silenzio, un progetto di Fattoria Vittadini.

Da codice privato a lingua riconoscibile. In che modo è cambiata la percezione della Lingua dei segni negli ultimi anni?
Quando alla fine degli anni ’70 in Italia la Lingua dei segni è diventata oggetto di studio i sordi non avevano consapevolezza della propria lingua che pure utilizzavano da tempo immemorabile. Nessuno considerava questa forma di comunicazione una vera lingua. Nel corso degli ultimi quarant’anni tuttavia, grazie al contributo della ricerca linguistica, la percezione e l’atteggiamento nei confronti della lingua dei segni sono progressivamente cambiati da parte della comunità segnante e da quella della maggioranza udente. L’emergere di una sempre maggior consapevolezza linguistica si è riflessa poi su un piano identitario e di autodeterminazione, stimolando il ricorso alla Lis anche come strumento di rivendicazione dei propri diritti. Certamente, poi, il recentissimo riconoscimento formale, con norma di legge, della Lingua dei Segni Italiana rappresenta un momento fondamentale (ieri la Camera ha approvato il ddl, già approvato dal Senato, di conversione in legge del «Decreto Sostegni» che tra le altre cose riconosce promuove e tutela la Lis, ndr).

Nel volume «Descrivere la lingua dei segni italiana. Una prospettiva cognitiva e sociosemiotica», pubblicato dal Mulino, scritto con Maria Roccaforte, Alessio Di Renzo e Sabina Fontana, viene fatto il punto sulle ultime ricerche riguardanti la Lis. Quali sono i risultati cui siete giunti e quale il metodo che avete utilizzato?
Tutti gli esseri umani nascono con una predisposizione a imparare una lingua (o più lingue) che non è necessariamente una lingua parlata, ma può essere anche una lingua dei segni. Tutto dipende dalla comunità che ci alleva e nella quale cresciamo e quindi dalle lingue a cui siamo esposti fin dalla nascita.
All’inizio, il modello linguistico adottato per la descrizione della Lis è stato di chiaro stampo strutturalista: si cercava di assimilare la lingua dei segni alle lingue vocali e scritte maggiormente studiate e a rintracciare nella Lis regole analoghe.
La nostra descrizione della Lis più recente si basa invece soprattutto su dati raccolti direttamente dalle produzioni spontanee dei segnanti, dando molta più importanza agli aspetti iconici e alle peculiarità proprie delle lingue dei segni. Proprio queste proprietà semiotiche e strutturali peculiari delle lingue dei segni sono in realtà molto rilevanti anche per la descrizione delle lingue parlate.

Il coinvolgimento della comunità sorda è, nel suo lavoro, essenziale. Ci spiega come è giunta a questa consapevolezza?
All’inizio delle nostre ricerche presso l’Istituto di Psicologia del Cnr di Roma – oggi Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione – la comunità sorda era spaventata, non capiva che cosa cercassimo noi ricercatori udenti. A ciò si aggiungeva una forte diffidenza, il timore che in qualche modo ci volessimo «appropriare» di un patrimonio da sempre appartenuto alle persone sorde.
Ma il nostro obiettivo, fin da allora è sempre stato quello di lavorare con persone sorde competenti nella Lis, non semplicemente per i sordi. Per questo, anche in questa occasione, vorrei ringraziare le persone sorde e udenti (interpreti Lis) che in quei primi anni accettarono la «sfida» di lavorare con noi al Cnr, e soprattutto Serena Corazza.
Si è trattato indubbiamente di un atto di coraggio che, tuttavia – posso dirlo adesso -ha costituito il punto di partenza imprescindibile di tutte le nostre successive indagini. Ancora oggi, del resto, nel nostro laboratorio «Language and Communication across modalities» (LaCam), dell’Istc-Cnr ben quattro dipendenti sono sordi e competenti in Lis.

C’è una produzione culturale importante intorno alla Lingua dei segni che la colloca in un orizzonte più poroso di comunicazione e condivisione.
Il contributo dei sordi all’espressione artistica è multiforme. Nelle lingue dei segni esistono diversi generi letterari, che comprendono composizioni di tipo narrativo, di tipo discorsivo, testi teatrali fino ai componimenti poetici. Forme artistiche e letterarie che portano con sé elementi culturali e peculiarità linguistiche talvolta intraducibili nella lingua vocale.
Nuovi generi artistici sono sempre più numerosi sulla rete, come il Visual Vernacular, sono segno della nuova consapevolezza della comunità e insieme strumento per raccontarsi, promuovere la propria identità, lottare contro l’indifferenza della maggioranza o semplicemente mostrare quello che può dire e fare la propria lingua. L’edizione del Festival del Silenzio di questi giorni né è il migliore esempio.
Nel dibattito in programma oggi pomeriggio Alessio Di Renzo, come linguista, discuterà con Rita Mazza e altri artisti sordi per scoprire se gli stessi strumenti utilizzati nella recente descrizione linguistica della Lis possano aiutarci a capire sempre meglio questo genere letterario particolare che sfrutta in pieno le peculiarità delle lingue dei segni: l’espressività, l’iconicità, la possibilità di utilizzare tutte le dimensioni dello spazio e tanto altro.

In questo anno di pandemia ha potuto osservare le numerose attività di chi pratica la Lis.
Con l’arrivo della emergenza sanitaria di Covid-19, la comunità sorda è stata molto attiva e presente sui social, chiedendo e ottenendo, anche se solo parzialmente, accessibilità alle informazioni e comunque reagendo con un atteggiamento positivo e incoraggiante. Ha utilizzato le tecnologie visive a distanza in modo estremamente agile, rapido e efficiente.
Nel periodo che abbiamo osservato più da vicino (il mese di marzo 2020, proprio all’inizio del lockdown), ha organizzato online diverse attività in lingua dei segni italiana: campagne o flashmob, giochi e favole per i bambini, conferenze, dibattiti linguistici e filosofici, canzoni e molto altro.
Ha chiesto maggiore accessibilità all’informazione e, anche se con qualche fatica, in molti casi l’ha ottenuta trovando spesso da sola la soluzione su come accedere alle informazioni in modo corretto e completo. Alcune di queste risposte al Covid-19 attivate dalla comunità sorda italiana, possano fornirci un modello su come rivolgersi a questo gruppo, valido anche per il futuro.
Un progetto nazionale che possa archiviare, classificare e analizzare questi materiali sarebbe preziosissimo e particolarmente urgente.

*

SCHEDA. FINO A DOMENICA AL FESTIVAL DEL SILENZIO

Al via ieri per proseguire fino a domenica la quarta edizione del Festival del Silenzio, incontro Internazionale di Performing Arts
con un focus sulla cultura sorda segnante e sulle Lingue dei Segni. Quest’anno in modalità mista, online e alla Fabbrica del Vapore Milano, nasce da un progetto di Fattoria Vittadini con la direzione artistica di Rita Mazza. Come ogni edizione il festival dà spazio e visibilità ad artisti sordi/segnanti e non solo. Virginia Volterra interverrà oggi (su zoom) per «Descrivere la lingua dei segni italiana: tra passato e presente». Tra gli ospiti sordi/segnanti Nicola Della Maggiora, Valentina Bani e Gabriele Caia. Poi Sofia Casprini e Loredana Tarnovschi, Caterina Basso, Eyk Kauly, Dario Pasquarella, Silvia Gegenfurtner
Info al sito ufficiale www.festivaldelsilenzio.com