La prima cosa che viene in mente prendendo in mano il nuovo libro di Luigi Carletti, firmato insieme al cosiddetto Agente Kasper, è il fortunatissimo Gomorra di Roberto Saviano. La copertina di Supernotes (Mondadori, pp. 392, euro 19) infatti, sembra richiamare esplicitamente quella del lavoro di Saviano: lo stesso fondo nero su cui spicca l’immagine di un colore rosa fluorescente, nel caso del libro dedicato alla camorra si trattava di una serie di coltelli, qui un simbolo che sembra richiamare un’agenzia spionistica americana in cui spiccano un teschio e il simbolo del dollaro.
Leggendo il testo, poi, l’accostamento sembra rafforzarsi. Certo, lo stile, la struttura, il punto di vista del racconto risultano completamente differenti, ma con Supernotes gli autori intendono narrare una realtà, offrendo al contempo uno spaccato su come e quanto poteri occulti e servizi segreti influiscano sui destini del mondo. Siamo, insomma, lontani dai precedenti lavori di Luigi Carletti. In questo caso niente a che fare con il giallo, il noir, il thriller, si potrebbe piuttosto parlare di spy-story, attraverso la quale – come affermano i due autori in apertura – si vuole raccontare una storia reale. In sostanza il libro racconta la storia dell’Agente Kasper, un carabiniere divenuto agente dei servizi segreti e poi del Ros, che nel 2008 viene sequestrato in Cambogia per poi trascorrere 373 giorni in prigionia tra caserme, ospedali-lager e, soprattutto, in vero e proprio campo di concentramento, Prey Sar, a pochi chilometri da Phnom Penh. E nessuno fa niente, nessuno agisce. Neanche i suoi superiori nei servizi, né tanto meno la stato italiano.
La sua colpa, o meglio il suo sbaglio, è di essersi avvicinato troppo a qualcosa di letteralmente indicibile, che non deve essere assolutamente toccata, le cosiddette supernotes. Si tratta di dollari americani, praticamente identici agli originali, che però non vengono stampati negli Stati Uniti e che compaiono in grandi quantità in varie parti del mondo. «Same-same but different» le definiscono in Cambogia. Dietro il loro traffico si intravvedono questioni scottanti, lotte di potere, conflitti interni alla Cia, azioni di consolidamento e di destabilizzazione nelle zone calde del pianeta.
Con una scrittura meno letteraria e meno raffinata dei precedenti romanzi di Carletti, ma sicuramente più tesa ed avvincente, il libro racconta non solo delle esperienze del protagonista durante la detenzione e dei tentativi di chi, davvero pochi, cerca di tirarlo fuori dall’inferno in cui è precipitato, ma si occupa anche di vicende più o meno recenti della storia non solo italiana: da Gladio alla latitanza dei neofascisti in America del Sud, dai piani per far fuori i compagni di Nelson Mandela in Europa, dai traffici di droga e armi alla guerra nei Balcani, oltre che, naturalmente, del ruolo a dir poco egemone che la Cia svolge nei confronti dei servizi segreti italiani e non solo.
Certo il libro non è esente da difetti, a cominciare proprio dalla figura del protagonista che se da una parte non è certo un santo – viene da una militanza giovanile neofascista, ha partecipato ad azioni coperte non sempre encomiabili –– dall’altra viene spesso descritto come una sorta di super-eroe, sempre dalla parte giusta, abilissimo nelle arti marziali, nell’uso delle armi, nel pilotare praticamente qualunque mezzo di trasporto. E soprattutto senza mai un dubbio sul mondo di cui fa parte. È come se gli mancasse sia una presa di coscienza su quello che ha fatto sia una componente di debolezza, di incertezza che lo possa rendere più umano. Certo, durante il periodo della prigionia, non mancano i momenti di sconforto, di impotenza, di paura ma è come se restassero in qualche maniera esterni al personaggio, non riuscissero a scalfire la sua corazza di agente segreto «giusto e invincibile». E così, paradossalmente, al termine di una lettura avvincente, interessante e foriera di domande e interrogativi sulla realtà che ci circonda, può venire in mente un’altra storia di banconote «same-same but different», narrata in un film del 1956, La banda degli onesti di Camillo Mastrocinque, con Totò, Peppino e Giacomo Furia. Qui, a differenza di Supernotes, si ride, e tanto, ma soprattutto emerge un’umanità più varia, più sfaccettata, insomma più «umana» di quella presente nel libro dell’Agente Kasper e di Luigi Carletti.