La mondializzazione e le paure che suscita vanno in scena al Grand Palais, per la settima edizione di Monumenta, affidata all’artista francese di origine cinese Huang Yong Ping (fino al 18 giugno). Monumenta è prima di tutto una sfida tra un luogo – il Grand Palais, monumento dell’architettura in ferro costruito per l’Esposizione universale del 1900, con una navata in vetro di 13.500 mq alta 35 metri – e un artista invitato.
Huang Yong Ping ha risposto con l’installazione Imperi: otto «isole» formate da 305 containers colorati di formato standard (Dry), che toccano i 17 metri di altezza, sovrastate da un enorme serpente che le avviluppa, lungo 254 metri, composto di 316 vertebre e 568 coste, in alluminio (il numero otto in Cina esprime la totalità dell’universo).

7 2014 Huang Yong Ping atelier - Photo. Fabrice Seixas
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Al centro, è appoggiato su una sorta di Arco di Trionfo, il «bicorno» di Napoleone (quello della battaglia di Eylau, 8 febbraio 1807, una vittoria dolorosa che fece venticinquemila morti e  suscitò questo commento del maresciallo Ney: «Che massacro! E tutto ciò per nulla!»). Si tratta di un cappello fatto in legno e metallo, ricoperto di bitume, che pesa quattro tonnellate. È minacciato dalla testa del serpente, mentre lo scheletro del rettile dialoga con le nervature della grande navata. Huang Yong Ping rappresenta un paesaggio simbolico del mondo economico di oggi, gli scambi commerciali ma anche le migrazioni, le mutazioni in corso, la distruzione creatrice, che sostuisce un impero all’altro, il potere sul mondo (il Grand Palais è situato al centro del paesaggio del potere francese, sull’asse Elysées-Invalides). Per il curatore, Jean de Loisy, è «una sfida contemporaneamente plastica e poetica».

Il paesaggio di containers con il serpente rimanda ai vapori che salgono dalle valli nella pittura cinese: vi si mostra la metamorfosi permanente delle energie, evocando anche i paesaggi industriali del passato – dell’epoca del Grand Palais – e quelli di oggi, simboleggiati dai grandi porti dove passa il commercio internazionale, con i containers vettori della grande rivoluzione del commercio mondiale (i primi furono inventati nel 1956 da Malcom MacLean e dal ’66 si sono sviluppati in modo esponenziale). I containers sono anche usati come ripari temporanei nei campi di rifugiati.
Huang Yong Ping non vuole dare un giudizio morale, ma evocare lo scambio di merci, la circolazione degli esseri umani e il potere che vi è legato, parlando così della violenza che la mondializzazione esercita sugli esseri umani. «Da dove viene la forza della nascita e del crollo degli imperi?» si chiede, senza pretendere di offrire risposta.

Il suo serpente ha diversi significati. L’artista fa riferimento anche all’arte della guerra di Sun Tzu, il primo libro di strategia militare al mondo (V-IV secolo prima di Cristo), che individua nel metodo la chiave della vittoria, un’analisi che può pure essere applicata al mondo degli affari. Per Pascal Lamy, che è stato direttore generale della Wto (World Trade Organisation), Huang Yong Ping «crea l’allegoria di una grande mutazione», con «i legami, la dialettica (il serpente) tra la geopolitica (il cappello) e la geo-economia (i containers). La politica vincerà sul calcolo? La guerra sulla pace? Il cappello sul container? La risposta è nel serpente».

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Un acquerello del serpente

Huang Yong Ping è un cittadino francese dal 1999, da quando in quell’anno rappresentò la Francia alla Biennale di Venezia. Era lì quando scoppiò la rivolta di Tienammen, Era stato invitato dal curatore Jean-Hubert Martin per la mostra Les magiciens de la terre (1989). In Cina, Yong Ping, nato nel ’54 a Xiamen, città portuale che vedrà trasformarsi, era stato tra i fondatori del movimento Xiamen Dada, gruppo pioniere dell’avanguardia cinese.

Negli anni Ottanta, Huang Yong Ping costruì una rete di corrispondenze da un lato tra il pensiero taoista e il buddismo Chan (antenato dello zen giapponese) e dall’altro con i protagonisti dell’arte concettuale, da Duchamp e Beuys. Quando era in Cina, l’artista guardava a occidente, oggi che vive in Francia si rivolge a oriente, con lo scopo di «colpire l’oriente con l’occidente, colpire l’occidente con l’oriente», svelando la natura ambivalente degli scambi dominati dal potere, economico e politico.