Gli Emirati «hanno intenzione di investire 10 miliardi di dollari in Israele» si affannava ieri a sottolineare Benyamin Netanyahu nella conferenza stampa congiunta con i suoi stretti alleati europei, i leader di Ungheria, Viktor Orban, e Repubblica Ceca, Andrej Babis, venuti per discutere di collaborazione nella ricerca e produzione di vaccini. E ha anche annunciato un accordo con la ricca monarchia del Golfo sul «green pass», ovvero la possibilità di spostamenti tra i due paesi per coloro che sono vaccinati. Uno sforzo che non è bastato a nascondere il tonfo del premier israeliano atteso per una prima storica visita ufficiale ad Abu Dhabi e costretto all’ultimo momento a rinunciare, a causa di una improvvisa crisi nei rapporti con la Giordania, a un viaggio destinato a dargli un successo diplomatico a meno di due settimane dal voto per il rinnovo della Knesset.

Netanyahu aveva in agenda un importante incontro con il principe ereditario Mohammed bin Zayed Al Nahyan. Ma i media israeliani mercoledì sera annunciavano anche un faccia a faccia con l’erede al trono saudita Mohammed bin Salman (già incontrato segretamente a fine novembre) e il primo ministro sudanese Abdallah Hamdok. Il primo ministro e leader della destra israeliana era ansioso di riportare in primo piano l’Accordo di Abramo – la normalizzazione tra Israele e quattro paesi arabi (Emirati, Bahrain, Marocco e Sudan) – e di celebrare l’inizio di pieni rapporti diplomatici con Abu Dhabi. Invece è sfumato tutto. E sebbene l’ufficio del premier parli di un rinvio di pochi giorni, è probabile che se ne parli dopo le elezioni.

Inizialmente l’annullamento del viaggio nel Golfo era stato spiegato con la preoccupazione di Netanyahu per le condizioni di salute di sua moglie Sara, ricoverata in ospedale mercoledì notte per una appendicite. Poi è emersa la vera ragione. All’origine di tutto c’è la crisi innescata dalla prevista visita ieri a Gerusalemme del principe Hussein, figlio di re Abdallah di Giordania. Visita cancellata, ha spiegato il ministro degli esteri giordano, Ayman Al Safadi, a causa di «un tentativo di Israele di cambiare le intese relative alla visita alla Moschea al Aqsa» in occasione della ricorrenza islamica dell’Israa wal Miraj. «Siamo rimasti sorpresi – ha detto Al Safadi – quando abbiamo appreso che Israele voleva cambiare le modalità prevedendo restrizioni per l’accesso alla Spianata delle moschee di palestinesi musulmani… Al Aqsa è un luogo di preghiera islamico sul quale Israele non ha sovranità». In aggiunta, Israele non ha permesso a tutta la scorta armata del principe Hussein di passare il valico di frontiera di Allenby. L’accaduto ha avuto conseguenze politiche e diplomatiche immediate. La Giordania ha impedito per ore a Netanyahu di sorvolare con il suo aereo il suo territorio costringendolo ad annullare la sua ricca agenda ad Abu Dhabi.

Non è la prima crisi in questi ultimi anni tra Israele e Giordania che pure sono alleate in materia di sicurezza. I tentativi dei governi guidati da Netanyahu di modificare – in combutta, si sussurra da tempo, con l’alleata Arabia saudita – lo status della Spianata delle moschee di Gerusalemme, di cui la monarchia hashemita è custode, sono uno dei motivi principali di tensione tra Tel Aviv e Amman. Tensione che lo stesso ministro della difesa israeliano Benny Gantz considera «un fallimento di 15 anni di governo di Netanyahu». La condotta del premier, secondo Gantz, tornato a essere un avversario del capo di governo, «ha provocato danni significativi alle nostre relazioni con la Giordania, provocando la perdita di considerevoli risorse difensive, diplomatiche ed economiche». La Giordania, ha ricordato il ministro della difesa, «è un partner strategico (di Israele). I condivisi legami di difesa e diplomazia sono una pietra miliare della nostra sicurezza nazionale».

Netanyahu ha addolcito la batosta presa ieri con l’intesa raggiunta con Budapest e Praga decise a far parte della cosiddetta «alleanza sui vaccini» che Israele ha stretto nei giorni scorsi con Danimarca e Austria. «Siamo interessati – ha detto il (controverso) premier ungherese Viktor Orban – a investimenti comuni qui in Israele per sviluppare vaccini. Saremo lieti di partecipare a questa iniziativa».