Sono trascorse due settimane dalla chiusura della vertenza e ancora mi fa star bene con me stesso considerare i colleghi che non hanno partecipato alla lotta come una sorta di traditori, indifferenti e viziati. Una battaglia che andava combattuta per il bene comune, perché nessuno poteva rimanere inerme di fronte a questo scempio di capitalismo sfrenato che ha rovinato e continua a rovinare migliaia di famiglie. Non si parla di grandi manager che vanno al lavoro per soddisfare dei capricci, come una borsa da 7.000 euro o una nuova barca, ma di persone che con il loro sudore portano a casa il pane per la propria famiglia.
Io, iscritto e attivista Fiom Cgil, sono orgoglioso di aver preso parte a tutte le iniziative che si sono svolte per salvaguardare i posti di lavoro di tutti i colleghi, amici e compagni che lavorano all’interno della fabbrica Berco. Era il 15 ottobre 2012 quando si è tenuto l’iniziativa che, a mio avviso, ha cambiato tutto. Quella è stata la svolta storica: il presidio, il picchetto da raccontare ai propri figli e a tutte le generazioni che verranno; ricordo alcuni colleghi increduli che volevano entrare al lavoro in azienda perché ancora non capivano quello che stava accadendo. Le loro facce non le dimenticherò mai, come non dimenticherò mai i compagni e i colleghi in prima linea davanti ai portoni che non facevano entrare nessuno, senza tra l’altro usare violenza.
Al tempo di quella iniziativa ricoprivo la carica di presidente dell’Anpi Copparo e mi presentai su quel palco (il mitico furgoncino di Dino) teso ed emozionato; dissi che quel giorno era nata «la nuova resistenza». Avevo al mio fianco due partigiani che quella guerra di resistenza l’avevano vissuta e partecipata in prima persona. Quella partecipazione dell’Anpi fu un momento speciale perché fece capire a tanti colleghi che era veramente in atto un attacco alle famiglie che con quella fabbrica ci campano. Poi via via vennero altri presidi, l’occupazione della rotonda che porta a Ferrara, la fantastica trasferta al Mise quando almeno cento volte ci siamo fatti su e giù per quella strada, cantando a squarciagola. Lì nasce «La Berco siamo noi!». Realizzai subito 16 lettere che amici e colleghi portarono al collo, uno accanto all’altro, per formare la scritta. Splendida anche la manifestazione provinciale del 14 Giugno a Copparo, quando nasce anche lo slogan «La Berco siamo noi, la Berco siete voi», poi la cena del Pd, i banchetti a quasi tutte le sagre paesane per vendere la bellissima bandiera di Rifondazione Comunista (ne abbiamo vendute più di mille!!) e le maglie di Diego… Mitica la trasferta ad Essen, in Germania, sede della Thyssenkrupp: 1180 + 1180 km di pura resistenza, senza dormire, con le gambe incriccate, ma ne valeva la pena, perché cantare «Bella ciao» davanti alla sede tedesca è stato fotonico. Poi le notti bianche davanti alla fabbrica, veri accampamenti, con un gruppo sempre più unito.
A volte sembrava di essere a Woodstock, bambini che giravano in mutande davanti alla fabbrica, cani che scodinzolavano loro dietro, baci di coppie innamorate all’ombra del cingolo giallo, la bandiera della Thyssen ammainata e sostituita da quella della nostra lotta, la solidarietà di alcuni commercianti, il caldo afoso dell’estate 2013 della nostra bassa padana, che non dimenticheremo mai!!! Con un po’ di rancore vorrei dire ai colleghi che non hanno partecipato che si sono persi il meglio che una comunità possa dare, fare ed immaginare: mentre qualcuno ha minimizzato e in alcuni casi addirittura diffamato quello che si stava facendo, tanti, come me, hanno scelto di lottare con il cuore per consegnare alle nuove generazioni un futuro di lavoro, di partecipazione e di speranza.

* Operaio Specializzato reparto sabbiatura ricambi