Era buono il vino rosso che Marco Ligas ti offriva nella sua casa di Seneghe, rifugio tra le colline del Montiferru. Mai banale la conversazione con lui, anche nelle asprezze, anche nelle divisioni. L’ultima volta che ho sentito Marco, al telefono, è stata più o meno tre anni fa, quando uscì un libro, Una storia: la Sardegna e il mondo, in cui aveva raccolto alcuni dei suoi pezzi usciti sul mensile on line “il manifesto sardo”, nato esattamente dieci anni prima. Un decennio di interventi in cui è possibile trovare i tratti peculiari di Marco, ciò che segnava in maniera singolare la sua intelligenza del mondo e il suo impegno.

In uno dei suoi ultimi articoli Marco ha affrontato il caso della Rwm, la fabbrica di Domusnovas, in Sardegna, che produce le bombe che l’Arabia Saudita utilizza nella guerra in Yemen. Marco si schierava in maniera netta per la chiusura dello stabilimento in nome dei ben noti principi costituzionali (“L’Italia ripudia la guerra…). Poi però aggiungeva: «Sappiamo che la chiusura di questi impianti pone problemi seri ad alcune centinaia di lavoratori. Occorre garantire loro un reddito. È possibile e non è irreale affrontare questa esigenza attraverso un uso più razionale del denaro pubblico. Credo che le componenti politiche, sindacali e culturali che operano dove la Rwm svolge la sua attività dovrebbero convincersi della necessità di questo impegno, coinvolgendo le donne e gli uomini che vivono e che lavorano in quei territori perché diventino parte attiva di questo processo. È un processo che richiede un impegno notevole, ma non esistono alternative».

C’è, in queste parole, un metodo, che viene dalla scuola politica alla quale Marco si era formato: i grandi temi (in questo caso l’indicazione di un valore come la non violenza che richiama un orizzonte, non solo etico, in cui si compie una rottura rivoluzionaria rispetto all’ordine dato) vanno calati nella realtà concreta in cui l’azione politica viene esercitata. La pazienza e la fatica che servono perché la politica resti all’altezza dei grandi temi senza diventare né sterile e inconcludente propaganda né pura e semplice gestione dell’esistente.

Questo metodo Marco lo trasmetteva con la gentilezza che gli era innata. Nei suoi occhi miti, sempre un po’ malinconici, la consapevolezza di quanto quella pazienza e quella fatica andassero impiegate, senza sosta, anche contro piccole grandi debolezze umane.