Nello scontro sulla genitorialità allargata ai single e alle coppie omosessuali e, di fatto, sul superamento delle modalità di procreazione «naturali», si dimentica l’essenziale: non sono questioni di pertinenza legale. Il potere legislativo non dispone di strumenti obiettivi per stabilire chi è adatto alla funzione genitoriale o come si deve procreare. Gli «esperti della psiche» non sono in grado di soccorrerlo. Non possono chiudere il futuro delle persone nella loro sfera di cristallo: questa è la condizione perché riescano a pensare e a conoscere.

La legge può intervenire in modo normativo, arbitrario (l’ha fatto nel passato e continua a farlo), ma col rischio di creare, a lungo andare, problemi peggiori di quelli che, si suppone, voglia risolvere. Un suo intervento limitativo della possibilità di diventare genitori può essere necessario in caso di sofferenza psichica o intellettiva grave, ma anche in questo caso l’arbitrio è grande.

L’assunzione della funzione genitoriale e le modalità di procreazione non possono essere preventivamente regolate senza cadere nel pregiudizio. La possibilità di essere genitori non dipende primariamente dal buon carattere, la sensibilità, l’attenzione, l’accoglienza, il buon senso, la fermezza, il rigore (qualità in parte necessarie, ma non sufficienti), la serenità della vita sentimentale, la presenza stabile di un partner (condizioni facilitanti, ma non strettamente necessarie) e neppure dal carattere eterosessuale o omosessuale del legame d’amore in cui si è impegnati. La cosa che davvero conta, è essere vivi sul piano del desiderio: capaci, in potenza, di perdersi e di ritrovarsi nell’incontro erotico.

Questo implica un senso di responsabilità nei confronti dell’altro desiderato, il suo rispetto come soggetto desiderante, la partecipazione alla comune regolazione dell’intensità e della profondità dell’incontro.

La funzione genitoriale non ha a che fare con l’appagamento dei bisogni materiali dei figli (che può avvenire anche in modo impersonale, senza un riconoscimento reciproco). È fondata sulla possibilità iniziale di relazionarsi con i loro desiderio erotico: la ricerca di un rapporto sensuale con la vita, non la sessualità vera e propria (che si sviluppa a partire dall’adolescenza), ma l’esplorazione del mondo -che è anche sperimentazione- mediante l’immaginare, il sognare e pensare che nascono dai sensi (la «meraviglia» di cui è capace la sensorialità).

La capacità dei genitori di andare incontro alla crescita erotica dei figli (decisiva per quella affettiva e intellettiva) non è racchiusa nella «radiografia» del loro profilo psicologico. Il desiderio di essere genitori è coabitato dal desiderio dei figli, si legittima nella relazione con loro. Questa relazione, non è fatta solo di comportamenti effettivi, ma anche di potenzialità e di intuizioni, che attraversano i conflitti e le inibizioni e sfidano la prevedibilità.

Se la legge non può impedire l’accesso diretto o indiretto alla genitorialità, senza recar danno pregiudiziale alla libertà, a maggior ragione non può garantirne la buona riuscita. Ciò che non può essere deciso dalla legge, né tantomeno dalle convenzioni morali, che puntualmente cercano di erigersi a legalità, è affidato al nostro senso di responsabilità.
La responsabilità dei genitori nei confronti dei figli nasce nell’ambito della co-costituzione delle loro soggettività desideranti. L’autorità legislativa non la può determinare, né definire. La può solo favorire con leggi che difendono il rispetto delle differenze e la parità dei soggetti desideranti in tutte le relazioni di scambio.