Un ragazzo in maglietta spalanca le finestre del suo primo piano lungo via Prenestina.
«Ahò!»
«Eh’», rispondo
«Ma non scivoli?»
No che non scivolo, anche se c’è la neve. Un fatto rarissimo a Roma: l’ultima nevicata che ricordi era nel 2012, e prima ancora si deve risalire all’85 e all’anno successivo. Tranne nel secolo scorso, nei due casi di questo inizio secolo sono andato a fare le mie cose in bici, e ne vorrei raccontare provando a non cadere nel ridicolo, visto che l’esiguità della mia esperienza non mi pone di certo dietro a una cattedra; e vorrei chiedere perdono ai ciclisti del nord Italia, che sanno bene di cosa si parla.
Però abito a Roma, e la situazione qui è un po’ sui generis. Roma, vale la pena di sottolinearlo ancora una volta, è la più grande città del sud Italia, anche se è piazzata benissimo al centro: l’animo è comunque essenzialmente meridionale. Questo, insieme alla rarità del fenomeno neve, trasforma la città in un immenso parco giochi per tutti, adulti, ragazzi e naturalmente bambini, gli unici titolati.
Ma di fatto si fa festa. Tutti (tutti quelli che possono: ma anche quelli che vanno al lavoro qualche pallettata se la tirano, oggi li ho visti). Come dicono quelli di Casa Surace, «al sud anche il freddo è caldo». E a poco valgono gli allarmismi mediatici, le paure indotte ormai pienamente anche sul fronte meteo, poche chiacchiere: quando a Roma c’è la neve si cazzeggia.
Piazza Venezia e soprattutto Circo Massimo erano pieni di gente che si lanciava le palle o usava slittini improvvisati con i sacchi neri, e c’era chi si era portato da casa quelli veri.
Il ragazzo che si stupiva fa parte di quella ampia fascia di popolazione che non conosce le mille risorse offerte dall’uso della bici. Nella mia unica passeggiata del 2018 in mezzo alla neve, ai lati sui 20-25 cm e in strada tra melma e ghiacciolino, ho visto pochissime automobili, qualcuna in slittata e tutte, invariabilmente, a velocità da codice se non meno (eccetto un furgone che trasportava baccalà, che chissà quale fretta avesse).
La bici non si conduce a strappi quindi il grip è abbastanza continuo. Nel 2012 e quest’anno ho usato la mia Gazelle a ruota fissa, un’olandesona comodissima e che in caso di scivolata, finora mai subita, consentirebbe di scappare lateralmente grazie alla mancanza della canna. Il meccanismo del fisso dà un controllo totale dell’andatura, tutti i chip e le app del caso sono nei muscoli tendini e ossa delle tue gambe collegate al cervello. Senti continuamente il comportamento dell’interfaccia gomme-asfalto/neve. Finora non ho dovuto ricorrere a un trucco che alcuni usano: creare una sorta di catena antineve stringendo sulla ruota una serie di grosse fascette da elettricista, metodo che si può usare solo su chi non ha i freni tradizionali a pattino, quindi solo sul fisso o sulle bici con freni a disco; mi dicono che sia un buon aiuto.
Leggo di difficoltà avute dagli altri mezzi. Nella quindicina di km fatti non ne ho incontrato alcuna, e i miei canali social sono pieni di testimonianze di amici e contatti che hanno fatto lo stesso, divertendosi e arrivando solo un po’ più tardi, ma di pochi minuti, nei luoghi che raggiungono usualmente. In strada ne ho incontrato diversi.
Quel ragazzo citato in apertura non è stato l’unico a stupirsi ma l’unico a chiedere. Di sguardi tra lo stupito e l’impietosito ne ho visti parecchi. E’ solo l’ennesima riprova che il romano e forse l’italiano standard, professionisti della strada compresi come i vigili urbani – in diversi luoghi tra cui Bologna molto critici sull’uso della bici con la neve – quando pensa o parla di bici proprio non sa di cosa sta pensando o parlando.