A più di 4 anni di distanza dalla straordinaria vittoria referendaria del giugno 2011 e dalla sua successiva manomissione, il movimento per l’acqua riprende il cammino e rilancia la sua iniziativa sul bene comune primario per la vita del pianeta e dell’umanità.

E stretta è la relazione tra preservazione dell’acqua e cambiamento climatico. Non solo perché quest’ultimo accresce fortemente lo stress idrico in vaste aree del mondo, ma, ancor più, perché rende l’acqua risorsa sempre più scarsa, e dunque sempre più appetibile dalle logiche del mercato e del profitto causando conflitti e guerre. Per questo il tema della costituzionalizzazione del diritto all’acqua e dei diritti della natura supera un’idea puramente aggiuntiva dell’elencazione dei diritti per diventare fondativa di una lettura contemporanea e ricca dell’attività umana nella vita nel nostro pianeta.

Dall’altra parte, diventa ancora più ravvicinato il rapporto tra la risposta neoliberista alla crisi economica e sociale e le logiche di privatizzazione e finanziarizzazione che investono il servizio idrico e tutti i servizi pubblici, snaturandone le radici di fondo ( basta guardare, per stare all’attualità, la vicenda delle Poste).

Il nuovo ciclo di privatizzazione/finanziarizzazione del servizio idrico si connota sia sul versante dell’inserimento a pieno titolo nell’ “economia del debito”, sia nell’incrementare la water poverty, cioè l’incidenza della spesa per l’accesso all’acqua sul reddito delle persone. C’è una chiara relazione tra il riassetto in corso nel settore, affidandolo alle 4 “grandi sorelle” quotate in Borsa (le multiutilities Iren, A2A, Hera e Acea) la cui finalizzazione è sempre più orientata alla distribuzione dei dividendi ai soci sempre più privati (basta pensare al fatto che, negli ultimi 5 anni hanno erogato dividendi addirittura superiori agli utili che hanno realizzato!) con un indebitamento progressivo, e il fatto che, come testimoniato da una recente ricerca della Confartigianato, le tariffe dell’acqua nel nostro Paese dal 2004 al 2014 sono aumentate mediamente del 95,8%, il triplo del rincaro medio dei prezzi nei Paesi dell’Eurozona, che si aggira, per lo stesso periodo, attorno al 35%.

Continueremo a contrastare queste scelte, come abbiamo fatto in tutti i questi anni: con la mobilitazione, avanzando proposte alternative. La riflessione di queste due giornate potrà arricchire e rafforzare la prospettiva della tutela e della preservazione dell’acqua e quella della ripubblicizzazione del servizio idrico.

Vogliamo farlo sapendo che non sarà possibile se non si acquisisce la consapevolezza che quello in corso è un tentativo generale, sia pure illusorio, di “modernizzazione”, di cui il governo Renzi è il più fedele interprete. Ovvero l’importazione coerente del modello neoliberista di stampo anglosassone nel nostro Paese. La compressione dei diritti del lavoro, che toglie la tutela dai licenziamenti. I colpi al contratto nazionale di lavoro, attaccando scuola e sanità, con l’intenzione non solo di ridimensionare l’intervento pubblico ma ancor più di proporre un modello aziendalista. La devastazione ambientale dei territori, di cui il rilancio delle trivellazioni petrolifere costituisce l’elemento più eclatante, accompagnata non casualmente dal rilancio della privatizzazione dei beni comuni naturali, a partire dall’acqua e dal servizio idrico. Tutti tasselli di un disegno che mira a riaffermare la centralità del mercato come unico regolatore sociale.

Siamo perciò chiamati a rimanere fedeli alle nostre battaglie ma soprattutto a realizzare nuove connessioni tra i soggetti e i movimenti, a partire da quelli sociali, per superare separatezze e individuare percorsi e obiettivi convergenti. Non a caso abbiamo pensato di concludere le nostre due giornate di lavoro chiamando a confrontarsi con noi il movimento per la scuola pubblica, quello contro lo Sblocca Italia, la Fiom, la coalizione che si riunisce attorno allo sciopero sociale. Non semplicemente per un riconoscimento reciproco del ruolo e della funzione che ogni realtà esercita, ma provando ad esplicitare i terreni su cui, nella prossima fase, può essere possibile mettere in campo iniziative che coinvolgano l’insieme di questi e altri soggetti.

Certamente, l’opposizione alla legge di stabilità del governo lo è, visto il carattere classista e regressivo che la ispira e che investe l’insieme della condizione sociale e della cittadinanza. Ma non si potrà sfuggire dalla necessità di cancellare, con gli strumenti opportuni, anche di carattere referendario, e in modo coordinato, la legislazione che in quest’ultimi anni – dallo Sblocca Italia al Jobs Act, dalla “buona scuola” all’incentivo alle privatizzazioni- sta facendo venire meno diritti fondamentali e, ancor più, prova a mettere da parte qualunque idea di progettare un modello sociale più solidale ed inclusivo.

* Forum Italiano Movimenti per l’Acqua