Nelle ore in cui «Matthew» si abbatte sulle coste della Florida, emerge drammaticamente l’entità del disastro che l’uragano – categoria oscillante tra 3 e 4 su una scala di 5, è la più violenta tempesta tropicale che abbia investito i Caraibi negli ultimi dieci anni , con venti oltre i 200 kmh – si è lasciato dietro, in particolare a Haiti. Le stime, ancora parziali, viaggiavano ieri sera verso il migliaio di vittime, ma ci sono ancora molte zone, soprattutto nel sud del paese, dove i soccorritori non sono ancora riusciti a mettere piede.

Catastrofi innaturali

L’ennesima strage di innocenti, nella parte storicamente meno fortunata dell’isola di Hispaniola – nella Repubblica dominicana si registrano una dozzina di vittime -, ancora segnata dal devastante terremoto del 2010 (230 mila morti). Da aggiungere, anche questa, al dolente capitolo delle «catastrofi naturali».
Ma la fotografia dell’impatto che «Matthew» ha avuto finora sui vari luoghi interesati è un’implacabile conferma di come la natura diventi più o meno “matrigna” a seconda della realtà sociale e politica con cui interagisce.

Metà della popolazione haitiana non ha accesso all’ acqua potabile e vive in baraccopoli alla mercè degli elementi, l’autosufficienza alimentare è un sogno mentre il più alto tasso di mortalità infantile dell’America Latina (più di 1 bambino su 10 non raggiunge il 5° anno di vita) è purtroppo una realtà.
«Il problema principale, oltre al numero dei morti che pare destinato a crescere, sono i raccolti – fa notare Federico Palmas, responsabile locale della ong GVC (Gruppo di Volontariato Civile), che a Haiti ha in piedi diversi progetti di ricostruzione e sviluppo -. Il danno è enorme, le zone più colpite sono tra quelle con il livello di insicurezza alimentare e nutrizionale più compromesso, ma in generale in tutto il paese ci sarà una perdita del raccolto in media dell’80%, condannando molte zone rurali a una grave carestia durante la prossima stagione secca». Segue l’allarme rituale sull’urgenza di aiuti internazionali sul fronte alimentare e su quello medico, visto il rischio che esplodano nuove epidemie di colera.

Inghiottiti dalle onde

L’inviato di Radio France International racconta di come ha raggiunto località (anche turistiche) come Cayes, Port-Salut e Roche-à-Bateau, nel sud, attraversando «un paesaggio apocalittico di alberi polverizzati, edifici distrutti, case inghiottite da onde alte 10 metri». Anche a Jeremie si parla di una furia che ha spazzato via l’80% delle abitazioni, i bananeti e le altre colture agricole di cui era ricca la zona. Ma a impressionare è ancora una volta l’altissimo costo in termini di vite umane.

Nelle cronache concitate che ieri scrutavano i movimenti del ciclone con l’occhio della Nasa sembrava ci fosse spazio solo per il disastro di Haiti e il modo in cui il sud-est degli Stati uniti si preparava al peggio: stato d’emergenza in Florida, Georgia e South Carolina, sconsolati preventivi economici sui danni potenziali e soprattutto un milione di persone invitate ad allontanarsi dalla zona, anche con allarmi ai limiti dell’isterico, come quel «fuggite o morirete tutti con i vostri bambini» pronunciato dal conduttore della Fox, Shep Smith.

Nel frattempo a Cuba

Ma nella sua corsa verso nord – che peraltro prima della Florida ha investito il settore centrale delle Bahamas – Matthew aveva colpito duramente anche l’Oriente cubano, la provincia di Guantanamo, in particolare Imías, Maisí, Baracoa e anche Moa, nella provincia di Holguín. Anche qui piogge torrenziali, venti a 180 Kmh e onde che hanno a lungo flagellato la costa, entrando per centinaia di metri all’interno. I danni alle infrastrutture e ai campi sono gravissimi, le città sfigurate, le comunicazioni e le linee elettriche ieri erano ancora in buona parte interrotte, ma non si registra una sola vittime. Segno che la Protezione civile cubana ha fatto il suo dovere e lo ha fatto per tempo, disponendo l’evacuazione di almeno 400 mila persone, che in gran parte hanno trovato sistemazione da amici e parenti nell’entroterra. Diversi pesi e misure di un uragano.