«3: 32. Io non ridevo». Era il 2010, da un anno esatto l’Aquila era stata devastata dal terremoto, e uscivano le prime intercettazioni dell’inchiesta sugli appalti del G8. Il business della ricostruzione faceva gola alla cricca che stava saccheggiando il Paese. Alle 3:32, quando la città crollò, gli aquilani e gli studenti non ridevano. Ridevano le iene che si preparavano al banchetto degli appalti. Il 2010 è stato anche l’ultimo anno che si è arrivati qui col Giro. Tappa lunghissima, giorno da lupi, freddo e acqua a catinelle. Più che nascere una fuga, si spezza da sé il gruppo intirizzito. Davanti una quarantina di avventurosi, che si ritrovano con mezz’ora di vantaggio, un po’ scatenati e un po’ spaesati per un Giro che sta per cadere loro tra le braccia. Nessuno dei big è presente, si ritrovarono così in 4 o 5 corridori grandi a dar la caccia a un mucchio selvaggio. Ne nacque una delle edizioni più belle, alla fine Ivan Basso coronò la rimonta e a Verona si vestì di rosa. La «fuga-bidone» non riuscì. Era riuscita, curiosamente sempre all’Aquila, nel ’54, quando un italiano nato in Svizzera a casa di mamma per via dei guai del babbo col regime, Carlo Clerici, aveva beffato Coppi, Magni, Bartali e un gruppo litigioso e diffidente. Vittoria svizzera, e non italiana: al giro dell’anno precedente Clerici, tesserato italiano, aveva aiutato l’amico Hugo Koblet, e fu quindi reietto, in anni di nazionalismo biciclettaro esasperato.

Oggi all’Aquila ci si arriva da Vasto, un po’ di strada lungo costa e poi nell’interno dell’Abruzzo, tra cimiteri di guerra canadesi e sparuti ciuffi di ginestre per tutta la lunghezza del percorso, sullo sfondo il Gran Sasso innevato. Nibali c’era nel 2010, e, memore della giornataccia, appena vanno via in 19 si fa accorto e tira il collo alla squadra. Poco prima delle Svolte di Popoli, asperità di giornata, va via un’altra dozzina di scalmanati, pericolosi soprattutto per la maglia rosa Conti. Una maglia che sembra pericolare, ma i big si fanno ingolosire dalle rampe che precedono il traguardo e riducono il distacco con la fuga. La rincorsa parte però tardi, e a giocarsi l’alloro di giornata rimangono 6 tra gli avanguardisti. Il più forte, non solo sulla carta, è lo spagnolo Pello Bilbao da Guernika, e infatti appena la strada un po’ si impenna saluta tutti e vince a braccia alzate. Dietro non succede niente: ringrazia Conti che mantiene la rosa, ringrazia Roglic che rischia di arrivare in pantofole alla cronometro, e ringrazia l’Aquila, tutta in strada, stavolta per la gioia e non per la paura.