Alle 9.30 del mattino nella piccola piazza di fronte alla stazione della ferrovia sono già radunati decine di migranti. Sono soprattutto siriani, altri vengono dall’Afghanistan e da paesi subsahariani. Arrivano famiglie intere con bambini e bagagli. Sembrano turisti, ma sono profughi scappati da zone di guerra.

Fino a un anno fa Salonicco era fuori dagli itinerari che seguono i migranti nel viaggio da est verso l’Occidente. Ma, a causa dei severi controlli, con l’uso di telecamere, nei porti di Patrasso e Igoumenitsa, le tappe dei migranti in Grecia sono cambiate e oggi gran parte dei flussi migratori passano da qui e, attraverso il confine settentrionale, si dirigono verso la Serbia e l’Ungheria.
Un centro di accoglienza, che offre ospitalità soprattutto a iracheni e afghani e tre mesi fa ha rischiato di chiudere per mancanza di fondi, ora è autogestito dall’Iniziativa antirazzista. Molti profughi, a causa delle temperature alte, trascorrono la notte sdraiati sulle panchine delle piazze e dei parchi vicini alla stazione centrale, altri invece sono ospitati negli alberghi intorno alla via Egnatia, la strada che univa l’antica Roma con Costantinopoli e oggi attraversa l’intera città.

Improvvisamente nella piazza arrivano otto motociclisti armati fino al collo. Appartengono alla famigerata squadra Delta della polizia greca, considerata un covo di fascisti e spesso accusata di aver aggredito e picchiato manifestanti. Questa volta sono gentili. Chiedono i documenti ai migranti, che stranamente non cercano di scappare. Si tratta di un normale controllo. Tre profughi, provenienti dalla Somalia, non possiedono documenti e vengono fermati, gli altri si preparano a prendere la corriera dalla stazione centrale oppure a camminare per arrivare fino a Polykastro, una cittadina a una sessantina di chilometri da Salonicco e appena venti dal confine.

Fino a un anno fa se un extra-comunitario voleva sopravvivere in Grecia, soprattutto ad Atene, doveva passare inosservato, o meglio essere invisibile agli occhi della polizia e degli squadroni fascisti. Invece adesso tutto avviene alla luce del sole, senza paura.

Sembra quasi che l’epoca in cui gruppi fascisti attaccavano i migranti sia finita. Nei primi sei mesi del 2012 erano stati registrati oltre 500 attacchi razzisti – il numero ovviamente è maggiore, visto che le vittime raramente sporgono denuncia alle autorità per paura di essere arrestate per mancanza di documenti – mentre nel primo semestre del 2015 la polizia ha accertato appena 5 casi di violenza contro migranti. Nel 2014 ci sono state 65 denunce, la metà rispetto all’ anno precedente, e 35 di queste si sono concluse con un processo.

I dati del ministero della Protezione del cittadino, a cui appartiene la polizia greca, sono confermati da varie organizzazioni non governative, che fanno notare lo stretto rapporto tra l’organizzazione neonazista Alba dorata e le azioni razziste. Dopo l’ assassinio del giovane rapper Pavlos Fyssas, l’arresto dei leader di Alba dorata e l’accusa da parte della giustizia greca di essere un’organizzazione criminale, infatti, le violenze razziste contro i migranti sono calate vertiginosamente (mentre sono cresciute le violenze contro gli omosessuali).

Diversa rispetto all’ultima volta che abbiamo visitato la zona, appena un mese fa, è la situazione al confine, a pochi centinaia di metri dalla stazione di dogana Eidomeni. Gli arrivi si sono moltiplicati a causa del miglioramento delle condizioni climatiche, ma nonostante la notte non faccia più freddo i problemi sono aumentati: i bagni non sono sufficienti per le centinaia che arrivano ogni giorno, aspettando la notte per proseguire in territorio slavomacedone di solito con l’aiuto di un trafficante, mentre un autogrill mobile che vende panini e bottiglie d’acqua sta in mezzo ai campi a una cinquantina di metri dalla linea del confine. Dietro l’angolo, quasi nascosta tra i cespugli e gli alberi, sosta una jeep della polizia.

Poco tempo fa pure quest’immagine sarebbe stata impensabile. «Siamo la polizia più umana in Europa», ci dice sorridendo la poliziotta che sta a guardare i migranti che attraversano il confine. In realtà tutti quelli con i quali abbiamo parlato sono in possesso di un documento di viaggio (soprattutto i siriani) o della carta rosa (dei richiedenti asilo) oppure ancora di un foglio di espulsione. Tutti se ne vanno dalla Grecia perché non vogliono rimanere in un paese in crisi.

A Eidomeni incontriamo anche i Medici senza frontiere, che operano sul posto già da due mesi con un dottore di origine palestinese. Un gruppo di medici e di infermieri con lo stemma di Msf visita chi ne ha bisogno. Da una casa abbandonata oltre il confine, che secondo le testimonianze viene affittata per centinaia di euro al giorno, giungono decine di migranti, gente di ogni età. Un anziano di origine araba ci affida un ragazzino che ha non più di otto anni, probabilmente suo nipote, facendoci segno di portarlo dal dottore perché sembra malato.

Al confine incontriamo anche gente che avevamo visto un mese fa. Ahmad ha tentato tre volte di arrivare fino in Serbia, ma è stato sfortunato. In territorio slavomacedone è stato rapito da una banda e altre due volte malmenato dai poliziotti, che l’hanno respinto. Ha una mano ancora bendata per via delle bastonate ricevute. Autan, di origine afgana, che avevamo incontrato nel marzo scorso, dice invece di aver deciso di rimanere in Grecia, proprio al confine, per aiutare chi tenta di andare oltre.

Nega sorridendo di essere un trafficante, ma sa tutto: il viaggio dalla Grecia in Serbia, un percorso che di solito dura dieci giorni in mezzo a mille difficoltà e pericoli provenienti innanzitutto da bande armate e poliziotti della Macedonia ex jugoslava, che maltrattano e respingono in territorio ellenico chi cade nelle proprie mani, costa 500 euro.

Intanto Atene, che confida nell’attivazione del meccanismo di emergenza per la ridistribuzione intra-Ue dei richiedenti asilo non solo perché mancano i soldi per gestire da sola i flussi migratori ma anche per una distribuzione equa dei neo-arrivati, si trova alle strette. Il governo greco deve far i conti con la reazione forte di alcuni paesi membri dell’Ue alla proposta della Commissione, con l’opposizione dei conservatori e dei socialisti che lo accusano di aver trasformato il Paese in un «luogo di riposo per i clandestini», con la mancanza di volontà da parte dei comuni di collaborare ad applicare la nuova politica migratoria e anche con casi di corruzione all’interno della polizia, della Guardia costiera e dei servizi segreti.

Secondo un’ inchiesta interna alla polizia, si tratta di vicende che superano il livello «di quelle riferibili alla criminalità organizzata», tanto da potervi intravedere anche «un complotto contro il governo». La situazione sarebbe talmente grave che pochi giorni fa Yannis Roubatis, capo dei servizi segreti greci (Eyp), ha avuto un colloquio con il premier Alexis Tsipras.