«Le frontiere cambiano, non rimangono mai fisse. Si allarga l’Europa e mutano i punti di ingresso. Scoppiano guerre, cambiano dittature, esplodono intere aree del mondo e si aprono nuovi varchi. I varchi a loro volta creano un mondo, una particolare società di confine che definisce le sue regole…».

Era il 2015 quando Alessandro Leogrande scrisse La frontiera e da allora lo scenario internazionale va sempre più esattamente nella direzione da lui indicata.

La nuova recente edizione di quel libro con una diversa disposizione e scansione di alcuni capitoli e con un nuovo titolo, La frontiera raccontata ai ragazzi che sognano un mondo senza frontiere curata da Nadia Terranova (Feltrinelli, pp.144, euro 9), è un distillato prezioso e profumato delle parole e delle frasi, dei pensieri, delle storie e delle emozioni che Alessandro ci aveva consegnato, mantenendo intatto ed efficace l’impianto narrativo ed emotivo del libro.

«La frontiera- scrive la Terranova nella struggente e lucida introduzione al libro- era un libro visionario, anticipatore, che aveva già la forza di un classico», ad Alessandro riesce di «scrivere un libro pienamente maturo sulla ossessione della propria vita. E l’ossessione della sua vita erano gli altri». Un libro pervaso anche da dubbi e interrogativi sul cosa raccontare e su cosa fissare lo sguardo.

Mancano immagini e foto in questo volume come si converrebbe invece per un libro rivolto ai ragazzi ma c’è un bel ritratto disegnato dalla matita di Marino Neri. È quello di Alessandro solo in piedi sulla prua di un barcone che solca un mare nero, il cielo è nuvoloso come quello che ingoia le vite di tanti migranti. Uno sguardo severo ma profondamente umano, speculare allo sguardo di Caravaggio nel Martirio di San Matteo che Alessandro commenta e legge nel capitolo finale de La frontiera. «C’è un dolore misto a commiserazione nel suo sguardo, un’infinita tristezza, guarda la vittima perché non può fare altro che stare dalla sua parte e vedere come va a finire ciò che si sta per compiere. Ha già intuito tutto, ma non interviene…La sua commiserazione è ancora più dolorosa perché impotente. La lucida interpretazione dei fatti, e ancor di più il genio dell’arte, non arresteranno il massacro. Resta solo pietà».

Cambiano i confini, ma la violenza del male è sempre più feroce, come più tragica è la nostra impotenza. «La frontiera siamo noi, nessuno escluso: siamo noi il confine tra il nostro pensiero e le nostre azioni. Se conosciamo quel confine possiamo rivoluzionarlo, e rivoluzionarci ogni giorno».