La frode c’è, ma non è quella fantomatica denunciata da Bolsonaro ai suoi danni dopo il primo turno delle presidenziali. La frode, come ha rivelato la Folha de São Paulo, è quella legata alla campagna – finanziata da imprese vicine al candidato neofascista – mirata alla diffusione su WhatsApp di fake news contro Haddad, Manuela D’Avila, Lula e il Pt. Una campagna che spiegherebbe l’inaspettato exploit dell’ex capitano e la repentina crescita dell’indice di disapprovazione nei confronti di Haddad nei giorni immediatamente precedenti al primo turno.

AZIENDE COME HAVAN, Quickmobile, Yacows, Croc Services e SMS Market – il Pt parla di 156 imprenditori coinvolti – avrebbero, cioè, finanziato per un totale di circa 3,2 milioni di dollari l’acquisto di un servizio necessario per inviare a milioni di utenti WhatsApp in Brasile centinaia di milioni di messaggi contro il Partito dei lavoratori, peraltro in chiara violazione della legislazione elettorale brasiliana, che, dal 2015, vieta qualunque sponsorizzazione delle campagne elettorali da parte delle aziende.

UN REATO RICONDUCIBILE alla cosiddetta «caixa 2», quella cioè relativa a risorse finanziarie non contabilizzate e non dichiarate agli organi competenti, e di per sé sufficiente, secondo i giuristi, a cassare la candidatura di Bolsonaro e annullare le elezioni. Tant’è che – mentre l’hasthag #Caixa2doBolsonaro occupava il primo posto dei trending topics di Twitter nel mondo – una richiesta di ineleggibilità nei riguardi del candidato del Partito social-liberale è stata subito presentata al Tribunale supremo elettorale dal Partito dei lavoratori. E lo stesso farà il Partito democratico del lavoro del candidato presidenziale Ciro Gomes, giunto terzo al primo turno del 7 ottobre. Per quanto sia assai difficile, alla luce di quanto avvenuto con la persecuzione di Lula, che l’organo giudiziario decida di prendere provvedimenti drastici.

 

Fernando Haddad con la moglie Ana Estela in visita ieri al Politecnico di Rio de Janeiro (Afp)

 

«IL MIO AVVERSARIO – ha scritto su Twitter Haddad – sta commettendo un crimine elettorale. Colui che ha sostenuto di aver fatto la campagna più povera del Paese è stato smascherato. È la campagna più costosa del Paese con denaro sporco». Quanto a Bolsonaro, si è limitato a dire di non «avere controllo» sugli imprenditori a lui vicini, che è esattamente quanto aveva sostenuto a proposito dell’attuale ondata di violenza a sfondo politico provocata dai suoi sostenitori.

QUELLA DELLA MANIPOLAZIONE dei processi politici attraverso mezzi digitali e reti sociali è peraltro una pratica ormai ampiamente riconosciuta e, per esempio, denunciata anche in occasione dell’elezione di Trump nel 2016. Non a caso molti puntano il dito contro Steve Bannon, coordinatore della campagna di Trump e oggi consigliere di Bolsonaro, le cui tecniche di manipolazione – come emerge dal documentario Trumping Democracy del regista Thomas Huchon – si basano proprio sulla manipolazione dei dati e sull’uso delle reti sociali.

Di certo, già prima delle rivelazioni della Folha de São Paulo, Haddad aveva dichiarato al quotidiano Valor che, se WhatsApp fosse stato disattivato per 5 giorni, Bolsonaro sarebbe precipitato. Ed è proprio per questo che il Psol ha presentato giovedì al Tribunale superiore elettorale una richiesta di sospensione delle funzioni di WhatsApp da oggi fino alla giornata del ballottaggio, il 28 ottobre.

DOPO AVER TANTO A LUNGO dichiarato che le «elezioni senza Lula» avrebbero configurato una frode, diventa insomma sempre più chiaro alle forze popolari che «le elezioni con Bolsonaro» rappresentano, oltre a un pericolo mortale per la democrazia, una frode ulteriore e più sofisticata. Nello scontro finale tra civiltà e barbarie sembra ormai evidente quale delle due prenderà il sopravvento il prossimo 28 ottobre.