La Bce tira una freccia inedita nella storia della banca centrale europea: per la prima volta, il tasso di interesse dei depositi delle banche sarà negativo, allo 0,1%. L’obiettivo è incitare gli istituti banche che hanno riserve in eccedenza a utilizzarle per finanziare l’economia reale, invece di metterle al caldo nei forzieri di Francoforte. La Bce interrompe le operazioni di riassorbimento delle liquidità, «per sostenere l’economia» reale.

E non basta: Mario Draghi ha informato che «gli interventi non finiscono qui», se il colpo di ieri non avrà gli effetti scontati sulla minaccia di deflazione che sta paralizzando la zona euro. Draghi può ancora tirare altre frecce, per esempio aumentare la liquidità offerta alle banche con un nuovo prestito a lungo termine, aumentare l’offerta riservata alla piccola e media impresa o arrivare fino a osare il gesto definitivo, cioè comprare obbligazioni di stato (come fa la Federal Reserve negli Usa).

Ma il presidente della Bce conserva queste frecce al suo arco eventualmente per settembre. Le reticenze tedesche pesano. Ieri, il ministro dell’economia Wolfgang Schaüble, ha espresso perplessità anche sull’abbassamento dei tassi: «Tassi così bassi non possono essere una soluzione di lungo periodo», ha detto, mentre la Bce ha abbassato il tasso di sconto dallo 0,25% allo 0,15% (preoccupato per il rendimento dei fondi dei risparmiatori). Il suo omologo italiano, Pier Carlo Padoan, ha invece parlato di «finestra di opportunità per l’Italia», mentre il francese Michel Sapin ha espresso soddisfazione per la decisione.

I tassi negativi della Bce hanno un solo precedente: un’analoga decisione era stata presa dalla Banca centrale danese, che li aveva abbassati a meno 0,2%.

Questa operazione di Francoforte rende meno attrattivi i fondi monetari europei per gli investitori stranieri, cosa che dovrebbe far abbassare di valore l’euro, un problema per le esportazioni di molti paesi, a cominciare dalla Francia. L’obiettivo è tirare fuori la zona euro dalla minaccia di deflazione.

Secondo i dati Eurostat del 3 giugno, l’inflazione è caduta allo 0,5% a maggio. Il problema è che la forte disoccupazione (11,7% è la media dei 18 paesi di Eurolandia), la moderazione salariale che ne consegue, la sottoutilizzazione degli impianti industriali e le politiche di austerità che persistono sono tutti fattori che spingono verso la deflazione.

La manovra sui tassi della Bce sarà sufficiente? Non si esce dalla crisi solo con misure tecniche, spiegano molti economisti. Nella zona euro manca la politica. Immettere liquidità sui mercati senza avere un progetto per l’avvenire può addirittura essere un fattore di rischio: può venire favorita la creazione di bolle speculative, per esempio, potrà esserci minore prudenza nei prestiti o addirittura, visto la strapotere del sistema bancario, gli istituti potrebbero persino decidere di “rifarsi” con i prestiti alle imprese e alle famiglie – aumentando i tassi – per compensare i minori profitti dovuti alla decisione della Bce di far pagare i depositi.

Quest’ultima ipotesi non è assurda, visto che nella zona euro convivono tassi di interesse molto diversi, giustificati dalle banche come “premio di rischio” (più del 5% in Portogallo, per esempio, mentre il Francia sono intorno al 2%). Di qui la necessità di un progetto “politico” di investimenti in Europa, per canalizzare la liquidità favorita dalla Bce. Ieri, il presidente francese François Hollande, alla conclusione del vertice dei paesi più industrializzati a Bruxelles ha ripetuto come un mantra che «crescita e occupazione sono le priorità del G7». E ha ricordato che ci sarebbero in prospettiva ampie possibilità di rilancio economico sulla politica energetica.