Arresti “preventivi” ieri in Francia, per “evitare qualsiasi rischio di attentati” o di “organizzazione di attentati”, in seguito a Berlino. L’affermazione è del portavoce del governo, Stéphane Le Foll, che non ha pero’ precisato né le circostanze né i dettagli di questi arresti. I controlli alla frontiera con la Germania sono stati rafforzati. La vigilia, il primo ministro Bernard Cazeneuve ha ripetuto che nel 2016 in Francia sono stati sventati 17 attentati. In Francia permane “un alto livello di minaccia”, ha dichiarato François Hollande subito dopo Berlino.

Il paese “è in guerra”, ha sottolineato a varie riprese il presidente. Ieri, in un inedito intervento su un quotidiano (Les Echos), il capo di stato maggiore degli eserciti, Pierre de Villiers, ha chiesto un aumento dei finanziamenti per la Difesa: ora sono pari all’1,77% del pil (32,7 miliardi), ma per l’alto papavero militare dovrebbero salire al 2% già dal 2022 (mentre la Francia ha promesso alla Nato di raggiungere questa percentuale nel 2025), per avere un “budget robusto”. Per de Villiers (che è fratello del leader politico di destra estrema Philippe de Villiers), “il prezzo della pace è lo sforzo di guerra”. Hollande ha risposto che la spesa militare è per il momento adeguata ai compiti. I militari mostrano segni di fatica: da quando è in vigore lo stato d’emergenza, dal giorno dopo gli attentati del 13 novembre 2015, 10mila soldati pattugliano le strade. Il Fronte nazionale non ha perso l’occasione per trasformare la polemica in argomento di campagna elettorale: Marine Le Pen ha affermato ieri che, se sarà eletta presidente, farà costruire una seconda portaerei, oltre alla Charles-de-Gaulle già operativa e in questo periodo presente nel Mediterraneo orientale.

Tutti i temi della sicurezza si trasformano in argomenti elettorali, a quattro mesi dalle presidenziali. Il governo è con le spalle al muro, pressato dagli attacchi della destra e dall’ondata di manifestazioni di poliziotti nell’ultimo mese. Dopo aver dotato la Brigata anticrimine di fucili d’assalto, ieri in Consiglio dei ministri è stata presentata una modifica delle regole che governano l’uso delle armi da parte della polizia nazionale, equiparandole a quelle più ampie della Gendarmerie. E’ una vecchia richiesta dei sindacati di poliziotti, che come i gendarmi potranno rispondere con l’uso di armi da fuoco non solo più nei casi estremi di legittima difesa, ma anche di fronte a una “minaccia” o a tentativi di fuga. “Diritto di uccidere” per gli oppositori, il governo si difende affermando che resta il principio dell’”assoluta necessità” per giustificare l’uso di armi da fuoco e quello della “stretta proporzionalità” della reazione (del resto sono principi imposti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo).