Il sociologo Michel Wieviorka, direttore di studi all’Ehess (Ecole des hautes études en sciences sociales), dal 2009 è amministratore della Maison des sciences de l’homme e dal 2006 al 2010 è stato presidente dell’Associazione internazionale di sociologia, mentre dirigeva, fino al 2009 anche il Cadis, il centro di analisi sociologica fondato da Alain Touraine nell’81. Si è principalmente interessato ai movimenti sociali, al razzismo, alla violenza delle società contemporanee.

Cosa sta succedendo in Francia, la situazione sembra precipitare, in ebollizione, con rivolte che scoppiano qui e là, che sembrano senza direzione?

“C’è certamente una situazione di crisi dal 2008, una crisi che è stata prolungata dal sistema politico, economico e sociale. Si è trasformata in crisi morale, la Francia ha difficoltà a trasformare i contenuti della crisi in dibattito e in conflitti che permetterebbero di progettare l’avvenire”.

 

L’elezione di Hollande aveva sollevato delle speranze, non solo in Francia. Cosa è successo per arrivare a questo punto?

“La crisi politica francese esisteva già con la destra, poi ci sono state delle speranze con la sinistra, per delle risposte alla crisi economica e sociale. Risposte che paesi come la Spagna o l’Italia non avevano più. Le speranze sono pero’ state deluse. Forse non durevolmente. Ma in questo momento la sinistra non sembra in grado di trovare una via d’uscita. La Francia pero’ non sta attraversando una crisi istituzionale, fino al 2017 Hollande è in funzione, il potere è legittimo. Ma c’è una crisi politica che riguarda tutti. La destra non riesce a ricomporsi, è destrutturata. Abbiamo davanti vari scenari: un governo tecnico, una soluzione all’italiana o alla greca, che non funziona; l’idea di portare avanti l’azione al di fuori della politica, a distanza dalla politica, una soluzione tipo gli Indignados in Spagna, che ha mostrato i suoi limiti. Il terzo scenario è il populismo, che in Francia è di due tipi: uno minore, a sinistra, con il Front de Gauche e a destra, con il Fronte nazionale, un populismo nazionalista che costruisce una macchina per conquistare il paese dal basso: punta alle elezioni municipali, poi saranno le regioni, infine aspira alla responsabilità nazionale. La crescita di questo populismo per il momento non è imbarazzata dalle palesi contraddizioni in cui si dibatte, difende una posizione e il suo contrario, puo’ dirsi razzista e antirazzista, rispettabile e no, anti-sistema e il suo contrario. La crisi politica diventa crisi morale, la crescita del Fronte nazionale da un lato fa esplodere la destra e dall’altro imbarazza la sinistra. Parte della destra è pronta ad accettare le idee del Fronte nazionale, mentre la sinistra sa bene che potrà vincere alle municipali e restare al potere nei comuni solo se il Fronte nazionale supera lo sbarramento del 10% e puo’ mantenersi al ballottaggio, in modo da nuocere alla destra classica”.

 

Secondo lei è la crisi morale che permette a una società di esprimere ad alta voce cose che prima erano tabù, come è successo con gli attacchi razzisti contro la ministra Taubira?

“La crisi morale scioglie i tabù, in un contesto dove le espressioni razziste sono facilitate da Internet, in uno spazio pubblico intermedio, un’enorme zona grigia fatta di blog e reti sociali che permette a molti di far saltare i tabù”.

 

Ci si aspettava un movimento sociale contro le pensioni. Invece è scoppiata una rivolta contro le tasse. Persino il Front de gauche organizzerà una marcia anti-Iva. Il consenso sulle tasse costituisce la base del vivere assieme, mentre la guerra contro le tasse è considerata antirepubbicana. Significa che la destra è ormai in una situazione di dominazione culturale?

“Oggi tutti i partiti cercano di correre dietro all’opinione pubblica anti tasse, il potere indietreggia. Si diffonde cosi’ la sensazione che il potere sia debole, che il fisco sia troppo pesante e che si faccia pagare alla popolazione quello che invece dovrebbero pagare le grandi imprese e la finanza. Anche per il Front de gauche il governo non ha coraggio e fa marcia indietro. La società, in effetti, deriva a destra, cosa impensabile una ventina di anni fa, la destra è più a destra e anche la sinistra si sposta a destra”.

In questo contesto, le elezioni europee saranno una brutta sorpresa? Oppure c’è qualche speranza?

“La costruzione europea è liberista, non sociale. Ha suscitato molte delusioni, non c’è più voglia di proiettarsi nell’avvenire. I cittadini si sentono schiacciati nel presente, senza visione, senza avvenire. Ma la politica puo’ cambiare da un giorno all’altro. Pensiamo a quello che è successo nel ’95-’96, Chirac aveva convocato delle elezioni anticipate, sfortunate per lui, ma la sinistra aveva vinto e portato al potere un gruppo di dirigenti che per 2-3 anni avevano fatto un buon lavoro. In poche settimane, la sinistra, che sembrava paralizzata, si era mostrata attiva, viva. Per questo non bisogna essere totalmente depressi, anche se la situazione è molto inquietante”.