E il cinema francese sul Lido? Partiamo dalle buone notizie. Non sono molte. Per trovarne bisogna per esempio andare a scavare nel programma delle Giornate degli autori, dove la regista franco-senegalese Mati Diop – autrice di un bel film chiamato Atlantique, in competizione a Cannes nel 2019 – presenterà un nuovo corto di 20’ dal titolo In My Room. Sempre nella selezione parallela al Festival, il cineasta Kamir Aïnouz sarà presente con il lungometraggio Honey Cigar, una coproduzione franco-algerina.

QUELLA della coproduzione internazionale è del resto una tendenza che abbiamo visto crescere in questi ultimi anni, complice una politica d’apertura del Centro Nazionale della Cinematografia. Così, in competizione troviamo un film franco-messicano del regista Michel Franco, una distopia calata in un futuro prossimo a Città del Messico. Sempre in concorso è il nuovo film di Amos Gitai, Laila in Haifa, interamente girato in una discoteca della città portuale dove, in una sola notte, s’intrecciano le vite di cinque donne. È una coproduzione francese anche Notturno di Gianfranco Rosi, di ritorno in competizione a Venezia dopo aver trionfato a Berlino con Fuocoammare. Contrariamente a quest’ultimo, che era stato girato rapidamente, Notturno ha richiesto tre anni e un lungo periplo attraverso il medioriente, la Siria, l’Iraq, il Kurdistan, il Libano. È senza dubbio uno dei film più attesi della Mostra del cinema.

MOLTE COPRODUZIONI anche nella sezione Orizzonti. La Troisième Guerre è il primo film di Giovanni Aloi e racconta la storia di un soldato in missione per le strade di Parigi. Un giovane rifugiato siriano per L’homme qui avait vendu sa peau di Kaouther ben Hania. Una coproduzione con la Costa d’Avorio per La Nuit des rois di Philippe Lacôte. Infine una commedia sociale e politica in Gaza Mon amour, di Arab e Tarzan Nasser.
I film franco-francesi sono in sostanza due. Fuori dalla competizione c’è un film d’animazione di Quentin Dupieux. Dupieux è un artista molto eclettico, che viene dalla musica elettronica e che nei suoi primi lungometraggi ha portato in sala un linguaggio comico diverso dal solito (come la ruota serial killer di Rubber). In Mandibules, Jean-Gab e Manu, due amici semplici di spirito, trovano una mosca gigante bloccata sotto il cofano di un’auto, e decidono di addestrarla pensando di poter guadagnare del denaro.

Mentre nel concorso ufficiale c’è Amants della regista Nicole Garcia. Prima di passare dietro la macchina da presa, Garcia ha avuto una lunga carriera d’attrice. Il suo nome è legato a delle interpretazioni in alcuni celebri titoli degli anni settanta, anni in cui Garcia spaziava tra la comicità ultra-machista (Calmos di Bernard Blier), la finzione progressista (Operazione Ogre di Gillo Pontecovo), qualche lembo di Nouvelle Vague (Mon Oncle d’Amérique di Alain Resnais) e soprattutto una pattuglia di cineasti anti-Nouvelle vague (Claude Lelouch, Bertrand Tavernier, Claude Sautet). È nel solco di quest’ultima tradizione, che Garcia come regista si è inserita. Si tratta dell’eterno ritorno dell’antica «qualità francese», dalla quale non c’è molto da aspettarsi.