Una volta qui era tutto Movimento 5 Stelle, verrebbe da dire osservando gli ultimi scampoli di campagna elettorale calabrese. In Calabria il M5S alle elezioni politiche di due anni fa raggiunse il traguardo impressionante del 43% dei consensi. Adesso lotta senza troppa convinzione per superare la soglia di sbarramento dell’8%. I grillini parlano ancora di sfida alla vecchia politica ma l’economista Francesco Aiello, scelto con affanno come candidato presidente, deve crederci poco: basti dire che ha deciso di avere una possibilità in più e di correre anche come consigliere, dal momento che la legge elettorale regionale garantisce un seggio solo al candidato presidente che arriva al secondo posto.

LA STRANEZZA CONSISTE nel fatto che mentre per il M5S corre Aiello, docente universitario con relazioni nella galassia del centrosinistra, il Pd ha lanciato Pippo Callipo, imprenditore «né di destra né di sinistra» per il quale simpatizzavano molti grillini. Anomalia ulteriore: il presidente della commissione antimafia Nicola Morra, forse il personaggio più in vista del grillismo calabrese, ha annunciato di non votare per Aiello, per via di un cugino condannato per ’ndrangheta.

COSÌ, ALLA FACCIA della rivoluzione, nella regione che sprizzava protesta e invocava a gran voce la forza vendicativa del M5S si avvicina l’incoronazione della parlamentare berlusconiana Iole Santelli, ex assistente di Cesare Previti e vicesindaco di Cosenza, capoluogo che sotto la sua amministrazione solo poche settimane fa ha deliberato il dissesto di bilancio. Scorrendo le sei liste che sostengono Santelli si osserva la transumanza del corpaccione che da anni si muove tra gli schieramenti. È come un pendolo che stabilisce con puntualità chi debba trionfare (altra costante delle regionali calabresi: chi vince lo fa sempre con largo margine) e che questa volta indica il centrodestra.
«ABBIAMO RINUNCIATO a pacchetti di voti per investire sul futuro», mette le mani avanti Stefano Graziano, commissario regionale del Pd. Ciò rimanda all’ulteriore causa del tracollo grillino: accanto alla strutturale debolezza organizzativa del M5S ci sono le reti corte delle clientele che si dispiegano soprattutto sulle contese locali, spostano l’incidenza del voto di opinione, libero da interessi particolari o controlli familistici, sulle elezioni politiche.

UN MESE FA, UN TIR CARICO di fascicoli ha sfidato la Salerno-Reggio Calabria e consegnato le 260 copie da 13 mila pagine ognuna di ordinanze d’arresto della mega-operazione del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri: 416 indagati in tutto per 450 mila pagine di atti. Nonostante la mole di carte già si contano alcune decine di scarcerati. Comunque si giudichi Gratteri, uomo che muove entusiasmi giudiziari oppure allarmi garantisti, la zona grigia a metà tra mafie e massoneria, manovalanza e borghesia criminale fa circolare i miliardi di indotto della ’ndrangheta. Salvini ha voluto incontrare Gratteri, si è dichiarato suo «fratello» e non ha mancato di farsi un selfie con in mano l’ultima fatica editoriale del prolifico pm.

VINCENZO SOFO – 33 ANNI e fidanzato di Marion Maréchal Le Pen – è uno dei volti dell’estrema destra imbarcati da Salvini. Memore delle sue origini calabresi e dei 20mila voti raccolti da queste parti alle europee grazie al sostegno ricevuto da personaggi, come Tilde Minasi, già vicini al sindaco di Reggio Calabria e presidente della regione ora detenuto Peppe Scopelliti, Sofo fa campagna elettorale da queste parti. Anche lui trova il modo di riferirsi alla questione degli emigrati. L’altro giorno, da Rende, ha lanciato l’idea di un «passaporto calabrese» da distribuire ai calabro-discendenti sparsi per il mondo, una tessera che consenta loro di accedere a servizi e sconti. Di fronte alle immagini circolate sui social dei torpedoni (per gran parte dei calabresi il treno è scomodo e costoso) presi d’assalto da emigrati che dopo le maratone epatiche natalizie tornavano verso il nord, Iole Santelli ha detto: «Anch’io sono partita per andare a studiare e poi sono tornata. Per questo sono convinta che a questi giovani faccia bene l’esperienza di andare fuori».

LA GAFFE DIMOSTRA CHE SANTELLI disconosce la composizione sociale delle nuove migrazioni, sembra ignorare che in pochi torneranno e che il rapporto tra chi resta e chi no è questione inaggirabile.
GIÀ NEGLI ANNI 80, in un saggio seminale dal titolo Il capitalismo in un contesto ostile, Giovanni Arrighi e Fortunata Piselli proiettavano la Calabria al centro dei processi produttivi globali, facendo del suo essere terra marginale un elemento paradigmatico. Le reti disegnate dai processi migratori consentivano di capire come mai da queste parti non esplodesse il conflitto sociale e tracciavano relazioni di causa-effetto tra territori diversi e lontani. Poteva accadere, ad esempio, che un periodo di carestia o di decrescita della domanda di prodotti agricoli generasse uno sciopero alla Fiat di Mirafiori, dove lavoravano gli emigrati e da dove arrivavano le rimesse, invece che una sollevazione nelle terre delle Piana di Gioia Tauro. Varrebbe la pena di farsi la stessa domanda adesso, nella terra di Riace e Rosarno, di migranti che arrivano e che partono, in un mutato contesto produttivo e con la ’ndrangheta prima azienda del paese per fatturato e ramificazioni globali.