Quello che rimane di una moltitudine, come scritto in bandella all’ultimo libro di Antonio Moresco, Stelle in gola (Sem, pp. 288, euro 18), non è tanto la descrizione di un contenuto, ma l’ispirazione di una vera e propria poetica. Non bisogna infatti immaginare che Stelle in gola sia un esercizio occasionale o il frutto del raschiamento di un archivio in via d’esaurimento, come spesso accade a molti autori e autrici.

NEL CASO di Moresco l’affastellamento della moltitudine è una vera e propria pulsione autoriale, un tratto definito e preciso di una visione della letteratura capace di rendere contemporaneo (e inattuale) ogni materiale letterario che viene così disposto, quasi in linea, come su una tavola e adoperato non con la sapienza del cultore capace poi solo di impadronirsene, ma con la manualità dello scrittore che di quel materiale ne fa uso pubblico.

Una messa in linea dei testi che è a sua volta un mettere in scena l’impianto industriale della letteratura e della sua stessa produzione nel nostro presente. Una rappresentazione che Moresco utilizza per sabotare e far saltare un sistema produttivo e distruttivo che si infrange contro la forza evocativa del frammento e del residuo, ovvero le armi affilate di un autore in perenne clandestinità. Ma «far saltare la linea» significa anche immaginare – come fa Moresco – una forma totalmente aperta e per questo inattaccabile. È sempre possibile attraversare i suoi libri partendo da qualsiasi punto per restarne coinvolti e per metterli in azione. La clandestinità di Moresco è, infatti, una forma di intervento pubblico e non di sparizione.

Stelle in gola ricorda per certi versi Lettere a nessuno. Pure in quel caso Moresco rendeva pubblico uno scartafaccio fatto di appunti e lettere, ma al tempo stesso lo proponeva anche in scena. Quello che è cambiato radicalmente dal 1997, anno della prima edizione di Lettere a nessuno per Bollati Boringhieri, è lo spazio che l’autore è riuscito a ricavare nel mondo editoriale. Un viaggio che lo ha portato ad attraversare, più che a cambiare in continuazione, editori ed editor. Un percorso accidentato che pure è parte del suo essere scrittore e della sua letteratura.

UN VIAGGIO che ora lo vede legato da alcuni anni a Sem che nella sua inedita (per l’Italia) conformazione da factory sembra essere riuscita ad offrire il giusto spazio ad Antonio Moresco e alle sue narrazioni, tanto che proprio presso questa casa editrice si sta costituendo, anno dopo anno, tra nuove uscite e ristampe, il catalogo dei suoi libri, fino ad oggi disperso e non facilmente reperibile.

QUELLO CHE A MOLTI appariva come il lamento (l’ennesimo lamento) di uno scrittore non accolto dal sistema editoriale, appare oggi più chiaramente come il fulcro di un autore che non si oppone al sistema editoriale in quanto tale, ma che lo utilizza come leva per denunciare la crisi di un tempo contemporaneo che finge a se stesso una sistematicità che non appartiene ai nostri corpi e che, anzi, li nega con l’imposizione di ordini e categorie sempre e solo presunte o per meglio dire prestazionali e performative.
Non un lamento e nemmeno una denuncia: la forza icastica di uno scrittore che tra i pochi è riuscito non a ottenere spazio, ma a immaginarlo e a renderlo fruibile ai propri lettori.

In Stelle in gola si avverte così una certa levità nella scrittura di Moresco che, per certi versi, appare inedita rispetto alla forte carnalità dei suoi libri. Una tensione che si fa sempre più letteraria e meno distratta dagli aspetti politici e retorici di un mondo che appare già esploso e successivo a una crisi che resta perenne solo nelle illusioni di chi copre il proprio sguardo, senza mai spingerlo nella barricata.

Un libro-ritratto il suo, che dà forma e luogo sia all’artista da cucciolo come all’autore di oggi. Un autore più sopportato che accettato, sempre nell’atto di compiere quell’azione di scorticamento dolorosa e salvifica necessaria a disseppellire memoria e scrittura.

BISOGNA SCAVARE prima di arrivare al cuore di Stelle in gola, al corpo compatto di Romanzo di fuga che sta in un certo senso al centro di Stelle in gola. Quello che avveniva come in un libro d’istruzioni in Clandestinità e ne La cipolla assume in Stelle in gola una forma maieutica per i lettori.

L’opera di Moresco assume così la compattezza di un insieme di frammenti coerenti in cui l’autobiografia diviene finzione e romanzo, oggetti necessari alla pratica e al coinvolgimento del lettore che oggi ha la possibilità di partecipare al pensiero di Moresco che nel frattempo ha speso e usato il proprio corpo in performance e azioni teatrali come ne L’uomo che cammina. Stelle in gola è la messa fuoco di una scrittura che si fa corpo totale, a partire da quello dei lettori stessi.