La seduzione della carne (per riprendere il titolo del suo precedente lungometraggio del 2018), del desiderio, della decomposizione, della morte, delle ossa. Con Capitu e o capítulo (Capitu and the Chapter, scelto come film d’apertura della Settimana della critica di Berlino) Júlio Bressane costruisce – come un architetto che continua a indagare le possibilità del cinema tra nuove immagini da creare e archivi della sua filmografia da rendere materia viva e comunicante con quelle del presente – un’ulteriore tappa all’interno della sua opera cannibale che si nutre di se stessa e, in questo caso, della letteratura brasiliana, vera e propria protagonista di un film che ha per set un’abitazione nelle cui stanze si muovono due coppie nella rappresentazione di dinamiche della passione rese astratte, storie e corpi di tele-novele da cristallizzare in una teatralizzazione e rendere nature morte che sostano e si aggirano negli interni di quella casa-palcoscenico.

BRESSANE FA AGIRE questo quartetto recitante scomponendolo e ricomponendolo, filtrandolo attraverso specchi, ri-tagliando e portando in primissimo piano parti di un volto (gli occhi arrossati di Capitu), creando in un’inquadratura la moltiplicazione di un personaggio (il suo corpo, la sua ombra, il suo profilo disegnato su un muro). Ri-legge, Bressane, uno dei testi fondamentali della narrativa ottocentesca del Brasile, Don Casmurro di Machado de Assis (Capitu è la giovane donna oggetto di desiderio e gelosia). Ma non solo. Dà corpo al personaggio dello scrittore, sotto falso nome, e attraverso di lui, le sue parole, i suoi gesti, chiuso in una biblioteca buia che assomiglia a una cripta, seduto alla scrivania o in piedi a cercare, trovare, toccare, sfogliare volumi, elabora una riflessione sulla scrittura e «trasferisce» la sua esplorazione della pelle, della carne, delle viscere, dai personaggi ai libri, anch’essi corpi che hanno vissuto, sono invecchiati, sono morti, sono stati mangiati dai vermi (che non scelgono quali parole o pagine divorare, lo fanno). A rimarcare legami attraverso le immagini, ecco comparire «dal passato» una massa di vermi in dettaglio e la celebre scena da Brás Cubas dello scheletro sdraiato perlustrato nelle sue cavità da un microfono calato con un’asta.

COME POCHI ALTRI, Bressane è capace di far sentire la potenza esplosiva, tangibile, erotica e corruttibile dal tempo che si insinua nelle esteriorità e interiorità dei corpi. Bressane «è» il controcampo narrativo di Stan Brakhage, entrambi si addentrano a occhi spalancati e «muti» in quella materia così intima, seduttiva e dolorosa, e chiedono di non chiudere gli occhi, di «vedere». In tal senso, Capitu e o capítulo costituisce un passaggio essenziale nel cinema del regista brasiliano, la ri-proposizione aggiornata del farsi di un unico infinito film (e tra gli estratti inseriti ci sono anche immagini di un suo lavoro in corso d’opera, A longa viagem do ônibus amarelo).
Domenica 13 febbraio Júlio Bressane compie 76 anni. Per l’occasione, questa notte Fuori orario gli dedica un intero programma (dalle 1.20 alle 6). Si potrà vedere in prima tv uno dei film più recenti di Bressane, Garoto, del 2015, ispirato al racconto L’assassino disinteressato Bill Harrigan di Jorge Luis Borges che il regista lesse negli anni Settanta e dal quale rimase subito affascinato per poi concentrarsi, a una lettura successiva, sul «mito ancestrale dell’omicidio».

SI TORNERÀ poi indietro nel tempo con Miramar, realizzato nel 1997, che ha per protagonista un cineasta il cui nome dà il titolo al film, per riavvicinarci al presente con Nietzsche Sils Maria Rochedo de Surlej (2019), ovvero un ritorno diretto di Bressane al filosofo tedesco, visitando la sua casa a Sils Maria. Film di poco meno di un’ora firmato insieme a Rosa Dias e Rodrigo Lima.