La straordinaria manifestazione di sabato ha evidenziato grandi potenzialità, ma per contrasto anche problemi politici divenuti se possibile ancora più acuti. Si è aggravata infatti la divaricazione fra opposizione sociale e opposizione politica.

C’è una grande domanda che non trova risposta.

E questa è forse la cosa peggiore che possa capitare alla sinistra. Persino di più di una sconfitta elettorale o di una crisi politica: il senso della propria inutilità storica. Dell’incapacità di avere ruolo e progetto. Il che genera frustrazione, deprime l’opposizione e l’alternativa, rafforza il potere.

Su Repubblica di domenica si leggeva: «Giovani che forse hanno trovato un sindacato ma che non hanno un partito». E ancora: «C’è un popolo di sinistra, ma non c’è un leader». Manca insomma l’essenziale: un partito e una classe dirigente.

Né è solo un’idea di Repubblica, se è vero che sul manifesto di sabato, un articolo a firma di Agnoletto ed altri lamentava proprio la mancanza di «quel soggetto di sinistra» o meglio di «quel benedetto soggetto alla sinistra del Pd» che da troppi anni stiamo aspettando.

La vera forza di Renzi a ben vedere è questa. La mancanza da una parte di una opposizione di destra (data la condizione in cui versa Berlusconi), ma soprattutto di una sinistra organizzata, unita, capace di opposizione e proposta, di costruire, ma anche di rendere visibile agli occhi dell’opinione pubblica la possibilità di una alternativa.

Non si può lasciare da sola la Cgil. Né la Fiom. Con la sola opposizione sociale non si va da nessuna parte. È stato così con Berlusconi (che dopo la manifestazione dei 3 milioni al Circo Massimo è rimasto al potere praticamente per altri 10 anni), rischia di essere così con Renzi. Non bisogna dilapidare un «Capitale della sinistra», come lo ha chiamato Norma Rangeri, potenzialmente immenso.
Per questo è indispensabile alzare la qualità della proposta politica della sinistra. Solo così si potrà dare una scossa al quadro politico e mettere il Pd dadi fronte alle sue contraddizioni di fondo. Non aspettare che esse esplodano ad opera magari di Bersani o Civati.

Nell’articolo di Agnoletto e altri si parla di «sacrosanto compito di definirci come soggetto politico, autonomo, nella cultura, nelle aspirazioni, nei contenuti, nelle azioni». Appunto.

Ma per questo occorre andare oltre tutte le attuali configurazioni: da Sel, a Rifondazione, alla stessa Lista Tsipras o alle anguste associazioni di area socialista.

Ci vorrebbe forse un appello di alcune prestigiose personalità della sinistra, del mondo del lavoro e della cultura, per una costituente della sinistra.

Per un nuovo partito che, incardinato nel mondo del lavoro, in quello della cultura e nei territori, si candidi a dare di nuovo rappresentanza e voce alle ragioni del socialismo, della giustizia, dell’eguaglianza, della pace.

La sinistra dovrebbe recuperare i sensi del proprio essere e della propria missione storica. Ben altro da una mera operazione politicista e organizzativista, l’unico modo invece per tornare a disimpegnare una funzione nazionale e democratica, di governo e di alternativa.

Il contrario insomma del “partito della nazione”.