Angélica Ortiz è un’attivista colombiana del Movimento Fuerza de Mujeres Wayúu. Proviene dalla Guajira, regione settentrionale della Colombia, dove è attiva una delle più grandi miniere di carbone a cielo aperto del mondo, quella del Cerrejon (69mila ettari). Proprio dal Cerrejon, gestita da Glencore, BHP Billiton e Anglo American, arriva la maggior parte del carbone importato in Europa dalla Colombia.

Ci racconti un po’ della tua organizzazione?

La Fuerza de Mujeres Wayúu nasce nel 2005, durante il conflitto armato in atto in Colombia. Il nostro obiettivo iniziale era denunciare le violenze dei paramilitari in La Guajira, poi abbiamo iniziato a lavorare a fianco delle comunità che hanno subito la sistematica violazione dei loro diritti a causa delle estese attività estrattive condotte nell’area e della presenza dei gruppi paramilitari. Oltre alla miniera del Cerrejon, un altro elemento problematico è il contrabbando di benzina dalla vicina frontiera con il Venezuela. Nella nostra scuola abbiamo formato più di 1.500 donne e nel tempo le comunità hanno gradualmente preso consapevolezza dei loro diritti.

Come è ora la situazione sul campo?

Molto difficile. Il consorzio del Cerrejon ha una licenza di estrazione fino al 2035. L’aria è molto contaminata, ben 14 corsi d’acqua sono stati deviati e poi prosciugati dallo sfruttamento della miniera. La Guajira è una zona semi-desertica, per cui l’emergenza idrica è molto forte. A volte la distribuzione dell’acqua avviene solo ogni 7 giorni, in alcuni casi addirittura ogni 15. Eppure anche la Corte Costituzionale si è pronunciata a favore di due comunità sul loro diritto all’accesso all’acqua potabile. Tante responsabilità ricadono sullo Stato, che ha lasciato al Cerrejon l’incombenza di tutelare gli interessi delle comunità. Cosa che l’impresa non fa, tanto che ci sono comunità che sono state spostate dal proprio territorio e sono tutt’oggi in lotta per vedere rispettati gli accordi che avevano preso prima di essere mandate via.

Anche i paramilitari svolgono un ruolo in tutta questa vicenda?

Sì, nella Guajira la presenza paramilitare è aumentata negli anni duemila e ora si fa ancora sentire in maniera sensibile.

Avete subito delle minacce dai gruppi presenti nell’area?

Sì, già nel 2007-2008 alcune nostre compagne sono dovute fuggire, ma anche di recente il livello di tensione si sta innalzando. Lo scorso ottobre la nostra e altre tre organizzazioni sono state fatte oggetto di minacce, che negli ultimi giorni sono state dirette in maniera diretta anche a me e alla mia famiglia.

Tutto questo sta accadendo dopo il processo di pace…

In generale nel Paese sarebbe una bugia dire che non ci sono state ricadute positive legate al processo di pace. Però i leader ambientalisti e i difensori dei diritti umani sono uccisi in numero maggiore rispetto al passato. Accade anche a La Guajira, dove le fonti ufficiali parlano di regolamenti di conti, ma soprattutto nei primi mesi di quest’anno a morire sono spesso familiari di esponenti istituzionali. E il governo fa ben poco per scoprire i responsabili di questi omicidi.

Perché oggi interverrai all’assemblea degli azionisti dell’Enel a Roma?

Penso che chi compra il carbone e produce energia elettrica abbia una grande responsabilità. Da noi l’estrazione del carbone è direttamente connessa allo sfollamento delle comunità, al loro impoverimento e in alcuni casi alla loro distruzione, quindi vogliamo raccontare alla dirigenza e agli investitori dell’Enel di quanto accade sul nostro territorio, che è ben differente rispetto a quanto possano pensare le imprese europee che si relazionano con Cerrejon.

 

Angélica Ortiz