Lo aveva annunciato e lo ha fatto: Trump ha ritirato i finanziamenti per il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), l’agenzia che sostiene le popolazioni in zone di crisi e si concentra su pianificazioni familiari e salute di mamme e bambini.

L’annuncio del ritiro è arrivato dal Dipartimento di Stato in una lettera indirizzata al presidente della commissione Esteri del Senato, Bob Corker, nella quale si sottolinea che il fondo Onu «sostiene o partecipa alla gestione di un programma di aborto coercitivo o sterilizzazione involontaria», come vietato da una legge Usa, il Kemp-Kasten Amendment.

È il primo dei tagli promessi dal presidente alle Nazioni Unite, deciso dopo aver ripristinato il divieto di finanziamento degli Usa a ogni organizzazione internazionale che fornisca qualsiasi tipo di servizi sull’aborto.

Ed è la prima decisione di Trump sul taglio di fondi all’Onu, organizzazione da lui più volte bollata come fonte di spese inutili.

La spesa inutile in questione riguarda un’agenzia alla quale verranno negati in totale 32,5 milioni di dollari per il 2017. La risposta dell’agenzia è arrivata tramite un comunicato: «Respingiamo questa affermazione – si legge nel comunicato dell’Unfpa – Il nostro lavoro promuove i diritti umani degli individui e delle coppie nel prendere le proprie decisioni, libere da coercizioni o discriminazioni».

Non è la prima volta che il Fondo per la Popolazione delle Nazioni Unite viene sospeso: è avvenuto sotto altre amministrazioni repubblicane conservatrici (già Ronald Reagan, così come entrambi i Bush, avevano tolto i finanziamenti per lo stesso motivo) ma dà l’idea di come si vada formando la nuova America voluta da Trump.

Per fare di nuovo grande l’America, il Procuratore Generale Jeff Sessions ha ordinato una revisione degli accordi federali sulle forze dell’ordine, un riesame che riflette il pensiero del presidente Trump nel settore dell’ordine pubblico.

In una nota del 31 marzo e resa pubblica lunedì, il Procuratore Generale ha invitato il suo staff a controllare se i programmi per l’applicazione delle leggi aderiscono ai principi dell’amministrazione Trump, secondo cui «i misfatti operati da singoli cattivi attori non devono coinvolgere tutto il corpo degli agenti di polizia».

Con buona pace di quelle poche sanzioni che Obama aveva fatto mettere nei confronti degli abusi della polizia su cittadini disarmati. Come parte di questa nuova linea protettiva nei confronti delle forze dell’ordine, il Dipartimento di Giustizia è andato in tribunale per cercare di ritardare di 90 giorni un decreto di autorizzazione riguardante il dipartimento di polizia di Baltimore sull’accordo raggiunto durante gli ultimi giorni dell’amministrazione Obama tra la città e il Dipartimento di Giustizia per limitare gli abusi della polizia in quella città.

La richiesta è arrivata pochi giorni prima dell’udienza prevista per giovedì ed il sindaco di Baltimore, Catherine E. Pugh, che non ha accolto bene questo tentativo di Sessions (visto come un’interferenza inaccettabile), ha subito dichiarato che la città «si oppone fortemente a qualsiasi ritardo verso una riforma della polizia».

Anche sulla sanità le acque non sono calme: i repubblicani hanno una nuova proposta che minerebbe la copertura per gli americani con condizioni preesistenti.

Secondo la proposta gli Stati potranno cancellare il pacchetto minimo di prestazioni che prevede la copertura dei benefici essenziali per la salute, eliminando la regola che impone alle assicurazioni lo stesso prezzo per tutti coloro che hanno la stessa età, indipendentemente dalle condizioni preesistenti.

Con la nuova legge, ad esempio, la chemioterapia non sarebbe nel pacchetto e dovrebbe essere pagata a parte, oppure far parte di un pacchetto molto più caro per persone che hanno avuto un cancro. Quali Stati sceglieranno di abbracciare queste opzioni è difficilmente prevedibile.

La proposta deve ancora essere presentata dal gruppo di estrema destra Freedom Caucus, ma in quest’ottica si capisce bene che avere una Corte Suprema forte è molto importante per i democratici.

Per questo sulla conferma della nomina di Neil Gorsuch, il giudice indicato da Trump per la Corte Suprema, si consumerà nei prossimi giorni a Capitol Hill una vera battaglia con i democratici determinati a fare muro, esercitando per la prima volta tutto il potenziale di opposizione al Senato.

Oltre 40 senatori hanno già dichiarato di votare no a Gorsuch, innescando così la reazione dei repubblicani che ricorreranno all’«opzione nucleare», un cambiamento di regole per permettere di eleggere Gorsuch con la maggioranza semplice di 51 voti su 100, invece degli almeno 60 richiesti con le norme in vigore