Obama ha rassicurato: «Le Olimpiadi di Sochi saranno sicure», ma per non sbagliarsi ha deciso di inviare parte delle forze navali sulle rive del Mar Nero, a fare da back up, come dicono gli americani. Non si sa mai succeda qualcosa a Sochi o poco più in là, ovvero in Ucraina. In primo luogo gli uomini e le donne inviate da Obama avrebbero due scopi: proteggere gli atleti americani e supportare eventualmente il governo russo in operazione di sicurezza.

Come si legge nella nota del portavoce del Pentagono, «le forze aeree e navali sul Mar Nero, saranno disponibili su richiesta per tutti i tipi di contingenze a sostegno – e in consultazione – con il governo russo». Stando a quanto rilasciato da fonti vicine al Pentagono alla Reuters, funzionari militari e di intelligence statunitensi starebbero studiando piani di emergenza per evacuare gli americani dai giochi in caso di crisi; non si tratta di operazioni semplici, perché ci potrebbe essere l’ostacolo dato dalle autorità russe poco disponibili a operazioni militari straniere sul proprio territorio.

Del resto il clima tra le due potenze è più teso che mai: non solo per le questioni legate al soft power messo in atto sulle Olimpiadi, legato alla partecipazioni di testimonial omosessuali americani, quanto per le recenti questioni inerenti proprio alla vicina Ucraina. La conferenza sulla sicurezza di Monaco ha segnato un passaggio fondamentale, con i campi contrapposti: da una parte l’Unione Europea e gli Stati uniti – con un Kerry straordinariamente energico- che appoggiano le opposizioni in un’ottica che sia capace di sottrarre il paese all’influenza russa, dall’altra Mosca che sostiene Yanukovich (eletto con tanto di timbro di regolarità proprio dall’Unione Europea) e accusa Ue e Usa di appoggiare la destra più violenta e nazista, che di fatto sta controllando militarmente la protesta, che continua.

E da Kiev arrivano novità su potenziali evoluzioni della crisi. A conferma dello sforzo europeo (anche se stando a media e voci governative ucraine la promessa di soldi non si sarebbe mai concretizzata) è nuovamente a Kiev Catherine Ashton, ministro degli esteri dell’Unione Europea. Il portavoce della rappresentante europea ha specificato che «in Ucraina è necessaria una soluzione politica chiara: per noi le elezioni legislative devono essere libere ed eque, ma spetta agli ucraini decidere quando farle».

La frase segue l’apertura di Yanukovich alla possibilità di elezioni anticipate (il premier avrebbe discusso questa possibilità durante un incontro con i deputati del suo partito), come sostenuto dal suo rappresentante in Parlamento, Yuri Miroshnichenko.

In ballo non c’è solo questo, perché – mentre Bulatov, l’attivista anti governativo che sarebbe stato torturato è arrivato a Vilnius in Lettonia per essere curato – l’oggetto di nuova contrattazione tra Yanukovich e le opposizioni, è dato dalla riforma costituzionale. Vitali Klitschko, uno dei leader dell’opposizione anti governativa, ha incontrato ieri il presidente Yanukovich per chiedergli di «risolvere immediatamente il problema della riforma costituzionale» e tornare al testo del 2004 che prevedeva poteri più ridotti per il capo dello Stato. Secondo Klitschko, Yanukovich «ha risposto che tutto deve procedere secondo la legge e che il processo di riforma costituzionale potrebbe prendere sei mesi di tempo». Secondo l’ex pugile è troppo: «Non abbiamo questo tempo – ha detto – Sono certo che questo tema deve essere affrontato molto rapidamente».