A margine del summit gialloverde che ha visto l’assedio a Tria da parte dei famelici convitati di governo, apprendiamo di Flat tax e Reddito di cittadinanza subito, forse gradualmente, non per tutti. L’incertezza domina, e potrebbe esserci un altro summit a breve.

Nella partita di tennis in corso Salvini ha messo a segno un ace sui migranti, a spese della nostra coscienza collettiva di paese civile e tollerante. Di Maio ha inteso rispondere con il decreto dignità, peraltro cedendo su punti qualificanti come i voucher. Ora, nessuno dei due può permettersi di lasciare il gioco in mano all’altro. Quindi, Flat tax e Reddito di cittadinanza insieme o niente, come ha certificato il sottosegretario Giorgetti. E dal momento che non si può essere certi che il governo duri a lungo, subito, o almeno al più presto. A nessuno importa che nella parte relativa alla Flat tax ci siano ovvi profili di incostituzionalità.

È insanabile la contraddizione con la progressività imposta dall’art. 53 Cost., che non apre spiragli.

Il principio è semplice ed essenziale: chi ha di più deve dare di più. Ed è ovvio che la maggiore disponibilità di risorse acquisita è strumentale a cruciali obiettivi di eguaglianza e solidarietà. Consente la redistribuzione indispensabile alla eguale attuazione per tutti dei diritti fondamentali. È motore dell’ascensore sociale delineato dall’art. 3, comma 2. È collante primario della coesione territoriale senza la quale l’unità della Repubblica ex art. 5 è un mero flatus vocis. La Flat tax non è solo diretta violazione dell’art. 53. È anche un colpo all’impianto complessivo della Costituzione.

I sostenitori della Flat tax argomentano che sarà disegnata in modo da essere compatibile con l’art. 53. Ma non si vede come sia possibile. La modulazione su due aliquote e l’intervento sulla no-tax area e sulle detrazioni non negano il modello di fondo. E del resto la prova è nel fatto – certo – che vengono meno risorse per alcune decine di miliardi. Nelle tasche di chi rimangono? Ovviamente, di chi ha il maggiore alleggerimento nel carico fiscale. Quindi, sono favoriti i contribuenti a maggiore reddito, e i territori economicamente più forti.

È costituzionalmente discutibile anche l’idea di introdurre all’avvio il nuovo regime solo per professionisti e Partite Iva. È ben vero che nessun sistema fiscale prevede tasse uguali per tutti. Ma qui – se abbiano bene compreso – un medesimo reddito avrebbe un regime fiscale radicalmente diverso se prodotto dall’avvocato, dall’imprenditore, dal lavoratore dipendente. E questo è di per sé discutibile, anche a non voler considerare la nota tendenza a rendere definitivo il provvisorio.

I fan della Flat tax sostengono che ne deriverebbe uno stimolo per l’economia nel suo complesso. Meno tasse e più ricchezza per tutti: una versione fiscale del miracolo dei pani e dei pesci. Ma chi laicamente ha studiato le esperienze fin qui condotte ha rilevato l’infondatezza dell’assunto. Quel che accade è che i ricchi diventano più ricchi, e i poveri rimangono – nella migliore delle ipotesi – poveri. Anche le ultime vicende statunitensi offrono indicazioni in tal senso.

In realtà, chi vuole la Flat tax non nega che il maggiore beneficio sia pensato per i più ricchi e vada a loro. Ma accompagna a tale premessa la teoria del «trickle down», per cui dal beneficio ai privilegiati discende poi un vantaggio anche per i meno fortunati, per il miglioramento del quadro economico complessivo. Ma la minore disponibilità di risorse pubbliche è certa e immediata, l’impatto positivo è futuro e incerto, e dipende anche da una molteplicità di fattori diversi.

In ogni caso, la stessa parola usata – trickle – si traduce come rivolo, flusso sottile, irregolare, lento (così il dizionario). La premessa è che la massa d’acqua da cui il rivolo discende rimane in larga parte a beneficio di altri.

Dal contratto al paradosso di governo: più Flat tax uguale meno reddito di cittadinanza, e viceversa.  Intanto, i mercati fremono e i timori aumentano, in specie avvicinandosi la fine dello scudo assicurato dalla Bce. Dopo il summit ci si chiede se la montagna abbia partorito il topolino, o il topolino si appresti a partorire la montagna. Sarà comunque bene ricordare che dove c’è una montagna c’è anche inevitabilmente un precipizio.