«Non ho mai detto che fondo un partito, non ci penso proprio: sono anni che tutte le volte che dico qualcosa dicono che voglio fare un mio partito». Maurizio Landini sceglie una trasmissione in diretta, Otto e mezzo di Lilli Gruber su La 7, per tentare di spiegarsi dopo la bufera che si è scatenata in seguito alla sua intervista sul Fatto, ripresa poi e utilizzata contro di lui dal premier Matteo Renzi. «La Fiom – dice il segretario delle tute blu Cgil – esiste da 114 anni e da 114 anni fa anche politica, perché cerca di indicare un’idea generale di Paese».

Landini aveva già spiegato, in una lettera inviata al direttore Marco Travaglio, che l’articolo in prima pagina del Fatto aveva forzato sul titolo. Ma poi ospite di Gruber ha replicato a tutto tondo direttamente al premier: «Il Pd dichiara 100 mila iscritti, noi ne abbiamo 350 mila. E pagano una quota ogni mese, mica facciamo cene da mille euro. Siamo il sindacato maggioritario nella nostra categoria e quello che firma più accordi». Insomma, respinta al mittente l’accusa di «voler fare politica perché è stato sconfitto nel sindacato» (parole di Renzi). «Una sciocchezza», la bolla il segretario della Fiom.

«Io voglio continuare a fare il sindacalista», dice Landini con foga, «ma il sindacato ha sempre fatto politica». Questo non significa «costruire un partito, o riferirsi a quei sindacalisti che hanno abbracciato la carriera politica: quelli sono ex sindacalisti». Qual è il progetto, quindi, se non quello di fare un partito? «Io penso a una coalizione sociale, costruirla con le associazioni e i movimenti dal basso, per portare avanti i bisogni di lavoratori e fasce deboli, che oggi non hanno rappresentanza in politica».

Una sorta di coalizione allargata da cui poi potrebbe nascere, magari un giorno, un movimento politico (molti oggi fanno i paragoni con Syriza o Podemos): ma su questo ulteriore passo Landini non si pronuncia, né dice se poi potrebbe essere lui o un altro a condurre questo ipotetico futuro movimento.

Ora ci sono i passi concreti, come «la proposta di legge popolare che stiamo lanciando con la Cgil per un nuovo Statuto dei lavoratori, e non escludiamo poi un referendum che abroghi le parti sbagliate del Jobs Act». «Ma quel referendum non devono poi venirlo a votare solo i nostri iscritti, abbiamo bisogno del sostegno di tutti i cittadini». Da qui la necessità di una «coalizione sociale» allargata sui temi sensibili dei diritti.

È quindi «un’idea di politica più larga, e io mi pongo il problema di rappresentare» i lavoratori, dice ancora il segretario Fiom. «Nella Dc, nel Pci, nel Psi c’era una rappresentanza trasversale. Oggi, nella storia di questo Paese per la prima volta non c’è la rappresentanza dei lavoratori ma soltanto di Confindustria». E quanto a Sel, «sì ci sono, ma è minoranza. C’è un problema politico di rappresentanza».

«Ci sono 17 milioni di poveri, e il premier dice che tutto va bene – riprende Landini – Questo è il primo governo che sceglie di rappresentare la Confindustria e che nega gli incontri ai sindacati. È peggio di Berlusconi su questo punto. Ma cosa hanno fatto a Renzi i lavoratori? Non si rende conto di quanto sia drammatico per una persona essere licenziato per un motivo illegittimo e avere due soldi in cambio».

Per Landini «è in pericolo la tenuta democratica del Paese»: «Nessuno ha mai votato un programma che prevedeva la cancellazione dello Statuto dei lavoratori. Questo è un Parlamento eletto con una legge incostituzionale, e il governo si sta imponendo a colpi di fiducia».

Quindi no, Landini non farà un partito, ma questo non significa che non si candidi a diventare uno dei maggiori avversari di Renzi: anzi. Ma non nelle modalità che vorrebbe il premier, spiega, che farebbero comodo al presidente del consiglio: «Renzi è un bravo comunicatore, gioca a 360 gradi da Berlusconi alla Fiom – dice – Ma io non ci penso proprio a entrare in politica. Al premier forse farebbe piacere che io ci entrassi nel ruolo che decide lui, invece sto nel ruolo che decido io: faccio il sindacalista».

Infine, un riferimento alla Fiat, dove Landini non nasconde le difficoltà: «É vero, hanno partecipato solo 5 lavoratori allo sciopero di Pomigliano, ma noi lo sapevamo giù che la situazione era questa. Abbiamo voluto denunciare il problema che su 4 mila dipendenti lavorano solo 2 mila, e che sono stati tenuti fuori tutti quelli della Fiom: c’è voluto un magistrato per far rientrare i nostri cinque. Portiamo avanti un modello che riproponiamo anche in intese alla Ducati, alla Lamborghini: invece di far fare gli straordinari a pochi, assumi più persone. Con Marchionne, ugualmente, siamo sempre pronti a fare accordi».