Mercoledì il ministro delle finanze Rishi Sunak ha presentato la nuova manovra economica, il budget. Una finanziaria annaffiata d’ottimismo, come ha più volte sottolineato lo stesso Sunak, e con poche novità: molto era stato già annunciato nei giorni scorsi. Soprattutto misure sociali come l’aumento del salario minimo per i lavoratori sopra i 23 anni, da 8.91 sterline (10.52 euro) l’ora a 9.50 (11.21 euro) e la fine del blocco salariale nel settore pubblico introdotto subito dopo la pandemia. Manovre obbligate, dopo la frenata improvvisa che il Covid ha imposto all’economia e che ha costretto i Tories a interrompere il massacro sociale dell’austerity facendogli alzare le tasse e salire controvoglia sul carrozzone multipartisan del keynesismo. Così vanno letti i trenta miliardi messi da parte per la sanità, i trasporti e la formazione.

NON CHE QUESTI CONTENTINI potranno alleviare le condizioni improbe di milioni di famiglie, schiacciate da bassi salari, e un’inflazione prevista al 4% per il prossimo anno che farà salire ulteriormente le già proibitive utenze domestiche (con gas ed elettricità schizzati alle stelle) in previsione di un inverno nefasto. In particolare, l’aumento del salario minimo è invalidato dal taglio di 20 sterline al sussidio di disoccupazione (il già misero Universal credit), un extra introdotto durante la pandemia e ora prontamente ritirato. Mentre i sempre più numerosi pensionati saranno colpiti dalla rimozione del cosiddetto triple lock (triplo lucchetto), l’impegno annuale del governo ad aumentare il valore delle pensioni statali almeno del 2,5%.
Il resto sono misure abbastanza cosmetiche: soldi per infrastrutture in una manciata di cittadine del nord depresso, l’abbassamento delle accise sulla birra alla spina (che da centinaia d’anni attrae il chiacchiericcio mediatico, depistando l’attenzione dalle misure importanti) ma anche dello champagne, tanto per gioire elegantemente nei superattici. Anche perché, come era previsto, manca qualsiasi vaga idea di tassa alla piovra big tech, si annuncia la fine della sopratassa sulle transazioni finanziarie, mentre la pressione fiscale per la classe media è aumentata, come rilevato ieri dal think tank Resolution Foundation e dall’Institute for Fiscal Studies.

IN EFFETTI verrebbe da chiedersi su che pianeta viva questo cancelliere, aitante al punto da sembrare la versione umana di una cover di GQ magazine. Di certo non su quello riarso e inondato che rotola verso un ennesimo, forse inutile, convegno sul che fare? climatico a Glasgow, fra pochi giorni. Il ministro ha congelato le accise sul carburante per il dodicesimo anno consecutivo (la grande peur dei gilet gialli), dimezzato le tasse sui voli nazionali e ha stanziato fino a 1,7 miliardi di sterline per la realizzazione della centrale nucleare Sizewell C, costruita dai francesi, gli stessi che in queste ore tengono un peschereccio inglese sotto sequestro. Nessuna traccia della transizione ecologica di cui Boris Johnson si è riempie di continuo la bocca.
Se, in quest’epoca plumbea, il propagandare ottimismo oscilla fra la malafede, una dose di imbecillità e una segreta disperazione, questa legge finanziaria immancabilmente presentata come «ottimista» va probabilmente ascritta al primo gruppo. Del resto, l’ottimismo è la merce a costo zero con cui Johnson ha coglionato l’elettorato inglese nell’avventurismo Brexit, uno slogan con cui esorcizzare i ripetuti salti nel buio che il paese sta compiendo in questo ferale e interminabile dominio Tory. Il populismo piazzista del premier si estrinseca infatti in slogan ripetuti ad nauseam: soprattutto lo straziante «levelling up» (grossomodo livellare verso l’alto), con cui vuole tenersi i consensi di quel nord deindustrializzato ed ex-Labour che ancora masochisticamente si chiama red wall.

LA PANDEMIA virale si è incistata sull’endemico squilibrio sociale che contraddistingue questo paese dai molti primati, tra cui spicca la disuguaglianza più oscena dell’occidente postindustriale: per questo Sunak fa ora con Keynes quello che non vede l’ora di disfare con Hayek.