Podemos se la prende con Albert Rivera, il segretario di Ciudadanos, perché ancora una volta serve sul piatto d’argento un sostegno a Mariano Rajoy e così, nel Consiglio dei Ministri convocato d’urgenza proprio durante la cosiddetta settimana santa, il governo presenterà il Bilancio Generale dello Stato per il 2018 con qualche ansia in meno.

A RILASCIARE LA DICHIARAZIONE è Pablo Echenique, responsabile organizzazione di Podemos, che taglia corto ricordando che Ciudadanos si presentava a tutti come il partito che doveva rinnovare le istituzioni spagnole, ma continua ad appoggiare le politiche di tagli e austerità del super corrotto Pp.

RIVERA È INVECE SODDISFATTO dell’intesa raggiunta con il Pp e se ne attribuisce tutto il merito. Aumento del 2% delle pensioni minime, riduzione dell’Irpef per alcune fasce di reddito, qualche spicciolo per i giovani in formazione, forse una settimana in più di congedo di paternità per ridurre alla calma le femministe, senza scordare ben 500 milioni di euro destinati a migliorare i salari di Policía Nacional e Guardia Civil, incaricati proprio nei momenti difficili di tenere tutti a bada. Mariano Rajoy, da parte del governo, rispolvera un conservatorismo pratico.
Si appella alla crescita economica necessaria per garantire il finanziamento delle pensioni, ma cela che sarà insufficiente. Aumenti solo alle pensioni più basse, che, senza l’approvazione del bilancio, resterebbero a quel livello indegno che ha portato pensionate e pensionati a protestare.

DA MESI le vecchie e i vecchi, in decine di migliaia, hanno occupato tutte le principali piazze di Spagna in difesa del sistema previdenziale pubblico e per un aumento delle pensioni che almeno copra la crescita del costo della vita. Rajoy manda il suo messaggio ingannevole proprio a chi oggi percepisce una pensione: qualcosa potrebbe migliorare se l’opposizione non bloccherà il bilancio. E manda un messaggio al Psoe, ma Pedro Sánchez, il segretario socialista, ironizza via twitter che «PP e Ciudadanos per andare d’accordo così male, si capiscono molto bene» .

E AGGIUNGE CHE IL PSOE non intende appoggiare questo bilancio di «disuguaglianza e precarietà», sostiene che gli accordi tra i partiti delle destra sono sempre «cattive notizie per i lavoratori» e che i socialisti non saranno complici di manovre di taglio delle prestazioni dello stato sociale.

Anzi il Psoe presenterà una sua manovra alternativa, che si aggiungerà a quella di Unidos-Podemos, pur sapendo che così separati non potranno mai raggiungere i voti per sfiduciare il governo. Questo procedere separatamente toglie ulteriori ansie a Mariano Rajoy. I tweet di Sánchez restano solo delle buone intenzioni, peccato che il Psoe non abbia voluto costruire l’alternativa quando se ne presentò la possibilità con Unidos-Podemos. E adesso potrebbe astenersi, come al solito, lasciando le cose un po’ come stanno, dando respiro alle politiche delle destre, deludendo ancora una volta quella Spagna che reclama voglia di cambiamento. Per ora manca anche il consenso del Pnv, il Partito Nazionale Basco, i cui voti, con l’astensione dei socialisti, diventerebbero indispensabili per l’approvazione.

MA I NAZIONALISTI BASCHI reputano frivolo discutere di conti dello stato da approvare in questi giorni in cui si è acuita la crisi politica in Catalogna. E poi proprio Bilbao, capitale dei Paesi Baschi, è diventata la piazza regina della protesta. Ogni lunedì, sfidando gli allarmi per il maltempo di una primavera ritardataria, si autoconvocano migliaia di pensionate/i, senza caratterizzazioni di partito, ma determinate/i a non mollare. Le pensioni diventano così il punto focale per l’approvazione dei conti dello stato, quel bilancio generale che è la chiave della stabilità politica di cui ha bisogno il Pp per continuare ad ottenere la fiducia dell’Europa liberista.

CON BRUXELLES che rimane in attesa di conoscere il documento della finanziaria, cercando di capire fino a che punto il governo di Rajoy ha margine nell’aumento della spesa, senza compromettere i patti stretti con la UE. Ma in un bilancio dello stato così ossequioso nei confronti delle direttive europee non trovano ascolto le mobilitazioni degli ultimi mesi. Né quella gigantesca e irriducibile delle donne, lo sciopero globale dell’ 8 marzo, né quelle dei giorni a seguire per le pensioni degne, né quelle a favore della sanità pubblica o contro la legge sul lavoro del governo Rajoy che ha prodotto solo precariato.

Oggi la Spagna, oltre allo sbandierato e falso superamento della crisi, ha un problema sociale di grande dimensione che investe diritti, uguaglianza, libertà. Non solo in Catalogna.