In una coincidenza più che simbolica, mentre il cancelliere George Osborne presentava mercoledì la prima finanziaria a monopolio Tories dal 1996 (e senza il fastidioso incomodo dei Lib-dem in coalizione) la capitale piombava nel caos, con milioni di pendolari bloccati dal più grande sciopero dei lavoratori della metropolitana degli ultimi quindici anni.

Osborne, forse ora la figura più popolare del partito dopo David Cameron – il quale, nonostante la quasi insperata vittoria, è impelagato nell’appiccicosa questione referendaria europea – ha fatto un coup de theatre che sul palcoscenico di Westminster non ha mancato di creare una certa sensazione: in mezzo all’esultanza sfacciata delle sue fila di deputati, primo fra tutti Iain Duncan-Smith (il Ministro del lavoro il cui nome resterà legato ai selvaggi tagli allo stato sociale inflitti dal suo partito agli strati più vulnerabili della popolazione) ha annunciato l’aumento del salario minimo per lavoratori sopra i 25 anni, denominato National living wage, che dalle attuali 6.50 sterline l’ora passa a 7.20 per arrivare a 9 sterline l’ora entro il 2020.

Naturalmente la mossa, che peraltro è un’idea già contenuta nel manifesto elettorale dello sconfitto partito laburista, è all’insegna di un cerchiobottismo tattico. Certo, colpisce la «morbidezza» di certe misure, soprattutto se paragonate con il manifesto elettorale Tory-Lib-dem, pubblicato lo scorso marzo e pieno di misure ancora più draconiane: perché Osborne intende ora tagliare i servizi pubblici appena sotto i 18 miliardi di sterline annui, cifra al di sotto della metà di quanto aveva precedentemente annunciato. Simile rallentamento è motivato da un corposo aumento delle tasse, 47.2 miliardi, che comprende l’aumento delle tasse automobilistiche e assicurative, a fronte tuttavia dei 24.6 in riduzioni fiscali (tra cui la confermata esenzione totale per chi guadagna sotto le 10.600 sterline annue e una ghiotta corporation tax al 18%, che farà di Londra una specie di Lussemburgo europea.

Tale morbidezza è dunque apparente. È fin troppo compensata dall’eliminazione delle borse di studio per studenti (sostituite da prestiti dal 2017), dal congelamento dei sussidi di disoccupazione, dai tagli ai sussidi per il lavoro e la casa, che andranno a sostituire l’attuale sistema di Tax Credit, introdotto dal Labour di Gordon Brown, con l’assai più parco Universal Credit. Insomma, la tattica è dare con una mano quello che l’altra toglie, magari prendendo in prestito le idee degli avversari sconfitti, i laburisti ancora senza leader (le primarie ci saranno il 12 agosto).

La direzione di questo governo – ossessionato da un pareggio di bilancio frenato da un continuo posticipo – resta più che mai la stessa. In tutto, nei prossimi cinque anni i tagli previsti ammonteranno a 35 miliardi di sterline, il che dovrebbe riportare in pareggio il bilancio nel 2019-20, un anno dopo rispetto all’obiettivo iniziale.

A qualche ora dall’annuncio in aula della finanziaria che strappava gli oooh! sdegnati dei laburisti assieme all’esultanza autocompiaciuta dei Tories, ventimila appartenenti a quattro sindacati ferrotranviari incrociava le braccia nello sciopero della Tube. La vertenza contrattuale sull’introduzione dell’orario continuato – in molti si ritroveranno un carico di lavoro visibilmente superiore non adeguatamente riflesso in busta paga – si è risolta in stallo: nessuna delle loro richieste era stata accettata dai dirigenti della London Underground. Lo sciopero durerà fino a venerdì mattina. Per ora ne ha approfittato Uber, la bestia nera dei tassisti di mezza Europa, che ha aumentato le proprie tariffe del 300%.