Con 777 voti, sui poco più di mille che costituiscono il team dedito a eleggere il chief executive dell’ex colonia britannica, Carrie Lam è stata nominata al vertice di Hong Kong. Si tratta della prima volta per una donna. Lam entrerà in carica dal primo luglio, quando prenderà il posto dell’attuale chief, Leung Chun-ying.

CARRIE LAM è considerata «pro Pechino»: non a caso la Cina ha salutato con favore la sua vittoria. Meno entusiasti, anzi decisamente delusi e ora pure a rischio arresto, i protagonista di quelle proteste che nel 2014 fecero gridare alla «rivoluzione degli ombrelli». I protagonisti di quella stagione politica – nove attivisti – ieri hanno dichiarato di aver ricevuto notifiche di denunce da parte delle forze dell’ordine. Secondo le loro testimonianze sarebbero adesso a rischio arresto.

AMNESTY INTERNATIONAL ha resto noto che le accuse della polizia minerebbero la libertà di espressione della città e che i diritti di riunione pacifica «sono sotto attacco». I nove attivisti «incriminati» si sono recati al commissariato di polizia di Wan Chai, davanti al quale si sono riuniti circa 200 manifestanti. La parlamentare del partito civico Tanya Chan ha detto di aver ricevuto una chiamata dalla polizia. L’avrebbero informata di essere presto accusata di disturbo all’ordine pubblico, reato che comporta una pena massima di sette anni. «Hanno detto che riguardava l’occupazione illegale del 2014» ha detto, descrivendolo come un «bacio della morte» di Leung, che se ne andrà a luglio. Chan ha detto di essere stata arrestata alla fine delle proteste, ma non è mai stata incriminata.

ANCHE IL PROFESSORE Chan Kin-man, uno tra i fondatori di «Occupy Central Hong Kong», gruppo protagonista della protesta, ha ricevuto una chiamata dalla polizia che lo avvertiva di una prossima incriminazione. Il professore l’ha definita «ridicola». Parlando fuori dal commissariato, Chan ha detto che l’inchiesta non fermerà la lotta per la democrazia.

IL GIOVANE PARLAMENTARE Nathan Law, uno dei leader del «movimento degli ombrelli», ha detto di attendersi di essere «il prossimo obiettivo». Law, insieme ad altri due leader studenteschi, Joshua Wong e Alex Chow, è già stato condannato per aver partecipato alla proteste. Non comincia quindi nel modo migliore, a seconda naturalmente dei punti di vista, l’incarico di Carrie Lam, benché da Pechino sia arrivato un apprezzamento alla sua elezione. Il tema di Hong Kong, specie dopo le proteste del 2014, rischiava di diventare un aspetto problematico per Pechino.

ORA LA CINA può concentrarsi su altri aspetti della propria politica asiatica, non ultimo un equilibrio regionale tutto da riscrivere dopo l’affossamento del Tpp da parte di Trump e il sopraggiungere di nuove opportunità per Pechino. Quanto a Carrie Lam: la nuova chief executive sa bene i compiti che l’aspetteranno; dovrà provare a ricompattare una società divisa a causa della presenza cinese nella politica dell’ex colonia britannica. Lam ha specificato che «Hong Kong, la nostra casa, soffre di una divisione piuttosto seria e ha accumulato molta frustrazione. La mia priorità: sanare la divisione e alleviare la frustrazione, e unire la società per andare avanti».