Due episodi di razzismo allo stadio e stop alle partite. Ma Salvini, il ministro che piace (ricambiato) agli ultras, non ci sta. La federcalcio passa ai fatti, con il consiglio federale che ieri ha variato la misura sulla sospensione temporanea delle gare in caso di cori razzisti (in precedenza erano tre gli appelli pubblici dallo speaker dello stadio verso il tifo intollerante) durante i 90 minuti di gioco. Dunque, al primo avviso dopo un coro discriminatorio le squadre saranno riunite al centro del campo e fatte rientrare negli spogliatoi per 45 minuti, in caso di reiterazione. E poi spetterà al responsabile per l’ordine pubblico, delegato dal Viminale, stabilire se tornare alla gara oppure spedire tutti a casa.

UN TENTATIVO di snellire l’iter sulla vicenda razzismo dopo i buu continui rivolti a San Siro verso Kalidou Koulibaly, difensore del Napoli, prima, durante e a fine partita e soprattutto la morte dell’ultras nerazzurro Daniele Belardinelli, negli episodi di violenza che hanno preceduto la gara tra l’Inter e i partenopei. Cori beceri e segnali di intolleranza che poi si sono manifestati in altre circostanze, come a Bologna, durante l’incontro di Coppa Italia tra gli emiliani e la Juventus, verso Moise Kean, attaccante di origini ivoriane dei bianconeri. Insomma, è arrivato il segnale atteso forse anche troppo morbido, ma che vede ora l’Italia adeguarsi alle norme stabilite dall’Uefa e attive in altri Paesi che convivono con l’intolleranza negli stadi. E si punta il dito verso quei segmenti di tifoserie ostinati a non recepire i molteplici inviti di istituzioni e addetti ai lavori (in particolar modo il Napoli, con l’allenatore Carlo Ancelotti che dopo la gara con i nerazzurri ha detto di essere pronto a fermarsi in campo con i suoi calciatori autonomamente, in caso di offese razziste o di discriminazione territoriale verso i napoletani) sulla fine della piaga razzista negli stadi.

MA LE DISPOSIZIONI varate dal consiglio federale della Figc non hanno convinto il titolare del Viminale, che non riesce proprio a smarcarsi dall’universo ultras, uno dei suoi bacini elettorali preferiti: «Facciamo la scala Richter dei buu? Dai, non facciamo ridere», ha detto (senza far ridere nessuno) a Montecitorio, solo il secondo atto di quanto espresso nella prima settimana di gennaio dopo la riunione dell’Osservatorio sulle manifestazioni sportive, con gli stadi che non vanno chiusi e le partite sospese per i cori razzisti e con la trovata anti violenze del ritorno alle trasferte collettive, abolite da anni perché contenitori di risse e rischi per l’ordine pubblico.In precedenza, il presidente della Figc, Gabriele Gravina aveva spiegato che, «nelle modifiche regolamentari sui casi di cori razzisti e discriminatori abbiamo voluto inserire anche le esimenti e le attenuanti, perché va premiato il tifo positivo e che deve sovrastare i buu e i cori discriminatori di quei tifosi che vogliamo far fuori dal nostro sistema». E il numero uno della Figc ha anche aggiunto di aver chiesto al ministro degli Interni di destinare ai servizi sociali i tifosi colpiti da Daspo due ore prima e dopo le partite.