Non piace all’estrema destra di Lega e Fratelli d’Italia come non piace all’estrema sinistra di Sel. Ma dal punto di vista del Pd la mossa ha un suo perché: la fiducia come “riduzione del danno”. In effetti se ieri il governo non avesse blindato il decreto legge Lorenzin sugli stupefacenti e le sostanze psicotrope, approdato in Aula alla Camera il 24 aprile scorso e da convertire in legge entro il 20 maggio prossimo (quindi con tempi non strettissimi), l’assalto dei proibizionisti sarebbe stato inarrestabile. Infatti, fin dalla prima stesura del testo a cura della ministra della Salute Beatrice Lorenzin sono stati continui i tentativi (il primo sventato dal Guardasigilli Andrea Orlando) di usare Palazzo Chigi prima e il Parlamento poi per fare carta straccia della sentenza con cui la Consulta ha dichiarato incostituzionale la legge Fini-Giovanardi.

Nasce il Governo Letta, i Ministri
«Se dovesse essere approvato senza ulteriori modifiche si mortificherebbero anni di battaglie contro l’uso e lo spaccio degli stupefacenti, prevedendo solo sanzioni amministrative per chi compra o detiene droga», aveva tuonato il vice presidente del Senato, Maurizio Gasparri (Fi), poco prima che il governo, per bocca della ministra dei Rapporti col parlamento Maria Elena Boschi annunciasse in Aula la questione di fiducia. Addirittura per l’ex sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano, la manovra governativa è «uno schiaffo imperdonabile» perché «il decreto è tutto sbagliato, va rivisto completamente». «Nella norma si prevede infatti – spiega Mantovano – che a stabilire se il quantitativo di stupefacenti sia destinato a un uso personale o a fini di spaccio sarà il “packaging”, la modalità di presentazione e confezionamento. Un fatto assurdo, per cui non avrebbe più importanza la quantità di droga bensì come la si presenta. Senza considerare l’incredibile distinzione che si proporrebbe tra droghe leggere e pesanti quando ciò che conta è il principio attivo».

Se per Mantovano è inconcepibile ciò che perfino i Repubblicani statunitensi danno ormai per assodato, il Pd motiva invece il ricorso alla fiducia con «i tempi strettissimi» che avrebbero impedito al decreto di essere convertito in legge entro la data di scadenza, anche se alla Camera i tempi si presentavano abbastanza rapidi, essendo stati depositati non più di un centinaio di emendamenti. Però la capogruppo della commissione Affari sociali di Montecitorio, Donata Lenzi, non nega che «da parte nostra c’è la totale condivisione dei contenuti del testo e, finalmente, siamo soddisfatti che si tornerà alla distinzione tra droghe pesanti e leggere». Soddisfatta anche la FederSerd, la federazione dei Servizi pubblici per le dipendenze: «Grazie alle modifiche apportate al testo del decreto dalle Commissioni Affari sociali e Giustizia di Montecitorio – sottolinea il presidente Fausto D’Egidio – sono state ridefinite le tabelle delle sostanze stupefacenti, ridistribuendo al loro interno le sostanze in modo da renderle coerenti con il regime sanzionatorio antecedente alla legge Fini-Giovanardi. Il testo non ripropone le più volte contestate due tabelle che ora diventano cinque con una appositamente dedicata alla cannabis».

Ovviamente oggi alle 18, quando è previsto il voto sulla fiducia, è certificato il sì dei deputati del Nuovo centrodestra. Ma Eugenia Roccella, rassicurando i suoi che il testo «non ha toccato minimamente gli strumenti a disposizioni della guerra al narcotraffico», auspica però che in Senato venga modificata la norma «su cui noi del Ncd più i parlamentari dell’Udc, Linetti e Gigli, siamo usciti per protesta dalla commissione: a parità di quantità di sostanza attiva su droghe differenti, non possono essere considerate in modo diverso». Posizioni che ribadiranno mercoledì quando, come stabilito dalla conferenza dei capigruppo, ci saranno le dichiarazioni di voto prima della votazione finale prevista per le 12,30. Tutto in diretta tv.