Per chi segue le dinamiche finanziarie lo splendido film di Adam McKay La grande scommessa (2015) non dice cose di assoluta novità. Il modo in cui parla al grande pubblico, la sua capacità divulgativa e il montaggio incalzante che coinvolge lo spettatore su materie di sicuro effetto soporifero, da mettere al tappeto i più impegnati attivisti impone veramente rispetto. La voce del narratore (uno dei personaggi, lo sboccato Jared Vennett) ci conduce nei meccanismi del sistema dei prestiti cartolarizzati che come sappiamo, sarà l’innesco della Grande Crisi del 2007-08. I personaggi, con un cast che impone soggezione (Brad Pitt, Steve Carell, Christian Bale) ci fanno vedere con ironia come solo pochi seppero vedere la tempesta in arrivo, e riuscirono a fare i soldi da questo. Quello che più colpisce è proprio lo spaesamento di quel pugno di analisti e operatori di fronte alla prospettiva che tutto crolli: tutti sanno che il sistema è marcio, immorale, costellato di frodi e ingiustizie ma si comprende poco a poco che tali elementi hanno una pervasività tale da avere minato le basi del sistema. Ci sarà un crollo, non solo della finanza ma dell’economia intera. Ma il governo non vede, la Fed non parla, Alan Greenspan non dà l’allarme. Uno dei personaggi cerca di avvertire la madre di quello che accadrà… senza successo. Un pugno di indipendenti può avere ragione di fronte al mondo?

La storia del film è stata raccontata tante volte: il mercato immobiliare USA si reggeva su prestiti ad alto rischio; tali crediti venivano immessi nel sistema, sminuzzati e mischiati (a questo allude il termine “cartolarizzazione”) con altra roba in prodotti finanziari la cui redditività dipendeva da una catena di indebitamenti contrattuali di cui l’ultimo termine erano i debitori che avevano contratto i mutui. Nel momento in cui questi non pagano più, si produce una catena di insolvenze che nessuno sa dove può arrivare, perché nessuno sa cosa c’è veramente in quei prodotti. Oggi sappiamo che la rete di connessioni si allarga all’intero sistema finanziario mondiale.

Quello che è difficile da credere è che la finanza basata sulla cartolarizzazione non solo non è stata estirpata ma ha ripreso alla grande e sta raggiungendo i fasti dell’era Bush. Secondo un rapporto di Standard & Poors di settembre 2015 la sommatoria delle varie tipologie finanziarie (prestiti degli studenti, carte di credito, ecc.) se nel 2007 avevano ampiamente superato i 600 miliardi per crollare subito dopo sotto i 200, negli ultimi 3 anni hanno nuovamente sfondato i 400 e nel 2015 si arrampicano verso i 600. Per alcuni settori siamo già arrivati ai livelli del 2006; particolarmente preoccupante appare il debito degli studenti, sarà quello l’innesco della prossima crisi?

Insomma la giostra è ripartita in barba alle promesse varie di regolazione fatte; anzi nutrita della liquidità che le Banche centrali, in primis la Fed hanno riversato nel sistema, cercando disperatamente di non farlo colare a picco (sebbene dal ponte di comando globale, cioè dalla Banca dei Regolamenti internazionali, si avvertisse che tale azione di supplenza delle autorità monetarie non poteva durare…). E mentre tutti i leader si affannavano a promettere chissà quali sfracelli contro la finanza (Hollande la chiamò il suo primo nemico nel 2013, prima di essere eletto), i provvedimenti non sono mai arrivati. Uno dei personaggi del film, parlando al telefono con un suo dipendente, dice: «Ho la sensazione che fra qualche anno le persone diranno quello che dicono sempre ogni volta che l’economia crolla. Daranno tutta la colpa agli immigrati e alla povera gente». Difficile dargli torto.