A sorpresa, proprio mentre i leader dei sindacati entrano al Quirinale per chiedere l’intervento di Sergio Mattarella sul caso Ilva, ArcelorMittal frena la corsa verso la chiusura. Convoca i coordinatori delle Rsu di Taranto e annuncia la decisione di accogliere l’invito mattutino del giudice Marangoni, presidente della sezione del Tribunale di Milano che si occuperà del caso. Perentorio, aveva chiesto alla multinazionale di «non porre in essere iniziative e condotte pregiudizievoli per la piena operatività e funzionalità degli impianti». Mittal si adegua. Le procedure di spegnimento saranno sospese in attesa della sentenza del Tribunale sul ricorso dei commissari. La prima udienza si terrà il 27 novembre. La sentenza arriverà il 4 dicembre, giorno in cui, secondo la tabella di marcia illustrata da Mittal, la multinazionale avrebbe dovuto già completare la rescissione del contratto.

UFFICIALMENTE NON si tratta di uno spiraglio da parte dell’azienda. Solo del quasi doveroso accoglimento della richiesta del giudice. In contemporanea con l’annuncio della frenata arriva però anche la data del nuovo incontro tra il governo, rappresentato dal premier Conte e dal ministro dello Sviluppo Patuanelli, e i vertici dell’azienda: venerdì alle 18.30. È dunque probabile che il gesto di Mittal sia un segnale in vista della possibile riapertura delle trattative, tanto più che, come ha informato il segretario della Uil Barbagallo, ieri i proprietari di Mittal erano a Roma. Il giorno prima dell’incontro, giovedì, dovrebbe svolgersi il consiglio dei ministri sul caso dell’acciaieria di Taranto. La vicenda sembra dunque vicina se non alla risoluzione, almeno a un chiarimento necessario per uscire dall’ambiguità nella quale si sono rifugiate sinora sia la multinazionale, nascondendo dietro l’alibi dello scudo penale, sia il governo, evitando di dire una parola netta sul medesimo scudo.

PROPRIO L’INCONTRO con la multinazionale era la principale richiesta dei sindacati. Chiedevano a Mattarella, certo non ufficialmente e con tutta la discrezione del caso, di intervenire per spingere il governo a convocare l’azienda. L’inusualità e la tempestività dell’incontro di ieri sera sul Colle sono di per sé un segnale fortissimo, senza bisogno neppure di parole. Appena due giorni dopo aver ricevuto la lettera firmata dai dirigenti di Cgil, Cils e Uil il capo dello Stato li ha chiamati al Quirinale. Ufficialmente l’incontro riguardava l’intera situazione dell’industria e dell’occupazione, specialmente nel sud flagellato: in caso contrario Mattarella non avrebbe potuto ricevere le confederazioni per non invadere il campo del governo. Ma sul tavolo, di fatto, c’era solo il dramma dell’Ilva.
L’incontro tra capo dello Stato e leader sindacali, letteralmente mai verificatosi prima, è una pressione precisa esercitata sul governo. I sindacati del resto avevano scritto anche a Conte, chiedendogli di convocare i vertici di Mittal per «intercedere, come già avvenuto in occasione della vertenza Whirlpool, affinché venga sospesa la procedura di recesso».

DI SCUDO PENALE ufficialmente non si parla ma è nell’ordine delle cose che quello sia il primo passo da fare per «intercedere» e non è un segreto che il Quirinale abbia sempre ritenuto quel passo comunque necessario. Se le confederazioni non esplicitano il passaggio più spinoso per la maggioranza, gli industriali non hanno peli sulla lingua: «Rimettere lo scudo penale è una precondizione», sintetizza il presidente di Confindustria Boccia e Iv, per bocca di Bellanova, fa eco: «Per snidare Mittal bisogna tornare alle condizioni iniziali del contratto. Non si può pensare che il problema lo risolvono le aule giudiziarie». Lo stesso Landini, al termine dell’incontro con Mattarella, non evita un’allusione precisa: «L’interruzione dello spegnimento è un primo risultato. Ora non c’è tempo da perdere. È il momento della responsabilità».

VENERDÌ SI CAPIRÀ se una trattativa con i franco-indiani è ancora possibile. In caso contrario la carta che il governo intende giocare, illustrata ieri dal ministro Boccia, è la più prevedibile. Commissariamento, prestito ponte, ricerca di una nuova cordata con la partecipazione della Cdp, i cui vertici, presidente e ad, hanno discusso ieri mattina a lungo con Conte e con il ministro dell’Economia Gualtieri. È la formula Alitalia e, come Alitalia insegna, è un terreno tra i più scivolosi.