Nella pur vasta produzione editoriale sul jazz non sono molti in verità i libri che trattano del jazz italiano. Se non fosse altro per questo, Perigeo. Una storia tra innovazione e sperimentazione (Stampa Alternativa, 126 pagine, euro 14) a firma di Luigi Onori merita l’attenzione. I motivi però non si fermano qui perché il volume offre la possibilità di conoscere in profondità uno dei gruppi più amati dei ’70, proprio nel momento che vede una rinata popolarità del progressive. Onori padroneggia da critico e scrittore consumato di «cose di jazz» le diverse forme della scrittura: intervista, recensione concertistica e discografica, analisi musicale e riesce ad incrociare le vicende della formazione musicale e dei suoi componenti con i fermenti sociali e politici che fecero da sfondo ad una storia eccezionale.

SÌ, PERCHÉ il Perigeo ebbe in effetti un successo che lo proiettò al di fuori della cerchia del mondo del jazz, e ne pagò per questo le conseguenze di critiche ingenerose e settarie, raggiungendo una platea di giovani avidi di musica, nuove esperienze e modelli di vita. Nel fuoco dei ribollenti Anni Settanta scorrono davanti ai nostri occhi i primi festival giovanili, le autoriduzioni, i tour internazionali, la gioia e la fatica del successo e la decisione di sciogliere il gruppo all’apice della sua popolarità, nel 1977. Il volume si conclude con la recensione del trionfale concerto della reunion del gruppo del 23 Luglio 2019 a Firenze. Onori, che non nasconde la sua perplessità nei confronti della odierna ossessione «retrotopica», commenta: «Gli Anni Settanta non ritornano ma le loro tracce è importante che non vadano perse, tracce di un decennio centrale della storia d’Italia a tutti i livelli, dalla politica alla musica ed alla sua diffusione». E non possiamo che essere d’accordo con lui