Giorgio Barberio Corsetti ha lavorato molto anche all’estero, e si sente subito il marchio «europeo» nel Re Lear che ha appena debuttato all’Argentina (fino al 10 dicembre), produzione del Teatro di Roma col Biondo di Palermo. La tragedia shakespeariana della maturità, con la precisione esaustiva di un compasso ruota su tutti i sentimenti umani di quella condizione, dai legami di sangue al potere, dalla forza agli affetti,dalle bugie all’intrigo, dalla consapevolezza della fine alla follia come saggezza. E non è peregrino che qui si apra con le immagini di una scena rock.

Una festa quasi «scostumata», che toglie al vecchio re ogni aura di saggezza e rigidità, per mostrarne, nella fisica padronanza di Ennio Fantastichini, quella posizione di passaggio del potere che non è più in grado di regolare da solo. I costumi fluttuanti tra passato e presente (di Francesco Esposito, come le scene) mostrano che quella tragedia dinastica non è medievale ma contemporanea. Come lo è la bella traduzione di Cesare Garboli, e l’adattamento dello stesso Barberio Corsetti. Che è sempre molto bravo nelle evocazioni del suo linguaggio scenico, in cui immagini e visioni «parlano» quasi più (o prima) degli stessi personaggi.

Con Shakespeare è ovvio che la parola abbia importanza predominante, e questo favorisce la tendenza di ogni attore a spendere il proprio bagaglio artistico. Un attore eccellente come Michele Di Mauro, ad esempio, porta ad estreme conseguenze il personaggio di Gloucester, che a tratti risulta al pubblico addirittura comico, pur nascendo come doppio tragico di Lear e del suo destino, uno in balia delle figlie e l’altro dei due figli maschi. Mentre al contrario, in un eccesso di discrezione, Luca Nostro dà allo spettacolo musica e tempi acquattato in un angolo sotto il palcoscenico.

Quello che è chiaramente svelato nella vicenda di questo Lear, è l’intreccio forte tra eros e potere che domina e determina comportamenti e pulsioni di quei figli pronti a tutto. Francesca Ciocchetti e Sara Putignani sono assai godibili nella loro smania di sesso con l’altro figlio cattivo Francesco Villano. È uno dei diversi filoni e narrazioni di questo testo plurimo. Dove tutti collaborano al gioco intrecciato di parallelismi e opposizioni, di stati e di frazioni, di amori e odi. Lasciando integra la complessità inquietante che Shakespeare ci ha lasciato nel nome Lear.