Piazza Maggiore che si riempie, la gioia popolare che strabocca, i simboli del fascismo che vengono abbattuti uno ad uno in una festa senza fine per quella libertà da tanto inseguita. Bologna, la città della vittoria di Porta Lame – «la più importante battaglia compiuta nell’Europa occidentale in una città occupata dai tedeschi» – ricorda la lotta partigiana e la liberazione con un progetto che è diventato realtà nonostante i mesi di pandemia in streaming su MyMovies.

The forgotten front, la resistenza a Bologna è il documentario prezioso e approfondito di Raffaele K. Stanzani e Paolo Soglia uscito proprio a ridosso della Liberazione. Il titolo riprende l’editoriale del New York Times che denunciava la linea gotica quasi abbandonata dagli alleati nell’inverno del 1944, come mirabilmente e soggettivamente raccontato da Beppe Fenoglio negli ultimi capitoli de Il partigiano Johnny.

Se il 7 novembre del 1944 ben 200 uomini uscirono dai sotterranei e dal macello per battere tedeschi e fascisti nell’erronea speranza che gli alleati stessero entrando in città, i mesi seguenti furono quelli del rastrellamento della Bolognina, delle esecuzioni in strada e i corpi dei partigiani lasciati appesi ai pali, delle stragi più silenziose perpetrate dai edeschi a San Rufillo e a Sabbiuno.

Se nelle Langhe di Fenoglio l’aiuto «venne dal contesto geografico delle colline, qui in pianura fu il contesto sociale e politico a far forte i partigiani». Solo grazie «al sostegno della popolazione» che i partigiani riuscirono a scavallare l’inverno e a farsi trovare pronti in primavera.
Impreziosito dalla colonna sonora di Marco Pedrazzi suonata dell’orchestra del teatro Comunale, il documentario si fregia degli interventi degli storici Luca Alessandrini, Luca Baldissara, David W. Elwood e la ricercatrice Toni Rovatti.

Ben 75 anni sono passati da quel 21 aprile che segna la liberazione della città che fu una costante minaccia per il fascismo e per il nazismo.
Immagini e documenti inediti riescono a trasportare in quei giorni anche lo spettatore meno empatico. Un racconto che non dimentica la vergogna della stampa cittadina che negò la strage di Marzabotto come «voci inconsistenti» che «rischiavano di cadere nel ridicolo», né il ruolo fondamentale delle donne come di Irma Bandiera -la staffetta partigiana morta per le torture – con la loro doppia vita di fatica «di giorno alla luce del sole e di notte nell’ombra» e il post-liberazione con «le relativamente poche 300 esecuzioni di fascisti e tedeschi, le corti di assise da cui fu giustiziato – il processo fu filodiffuso con la cronaca di Enzo Biagi – il solo Renato Tartarotti, l’anima nera del fascismo bolognese, torturatore di tanti partigiani nella Villa Triste di via Siepelunga.

Gastone Malaguti, nome di battaglia Efestione, è uno dei pochi sopravvissuti della mitica VII Gap e della battaglia di Porta Lame. «Il primo ricordo del 21 aprile è che fu una bellissima giornata di sole. Andammo subito in centro su un autocarro fra gli applausi della gente, eravamo felici come delle pasque e potemmo tornare a chiamarci per nome e fare visita a casa dove le famiglie non sapevano se fossimo vivi. Fu una festa bellissima, un giorno indimenticabile che ci ripagò di anni di lotta».