«Ma che siete qui per il bunga bunga?»: l’assolto nota tre ragazze piacenti in mezzo alla quarantina di giovani che festeggiano bandiere al vento di fronte a palazzo Grazioli e, mentre allunga le mani dall’altra parte della cancellata per salutare commosso, non perde la battuta. Tanto gli piace, anzi, che la ripete, rivolto stavolta ai parlamentari azzurri accorsi a festeggiarlo: «Ogni scusa è buona per lasciare il Parlamento! Comunque, ora basta commozione: bunga bunga per tutti». Silvio l’Incorregibile.

A festeggiare, nel palazzo intorno al quale ruotavano un tempo i destini del Paese e dei paesani, ci sono tutte le bande azzurre, e persino Noemi Letizia, quella al cui diciottesimo compleanno l’allora potentissimo aveva voluto presenziare, inaugurando così la serie disastrosa dei guai legati alle sue frequentazioni femminili. Ci sono i fedelissimi, col cerchio magico quasi più felice del diretto interessato. I «verdiniani», guidati da Denis in persona, quello che appena ieri era considerato con le valigie già pronte e il santino di Renzi in tasca. I «fittiani», senza don Raffaele ma solo perché il viceré pugliese era di stanza a Strasburgo.
Unità fittizia, destinata a durare un giorno solo? Certamente possibile, forse probabile. Ma di sicuro la sentenza della Cassazione è una carta vincente, e Berlusconi non manca di giocarla per reclamare il ritorno all’unità del partito. E’ il solo tema su cui batte e ribatte nel discorsetto che improvvisa di fronte ai festanti: «Archiviata questa triste pagina sono di nuovo in campo per costruire, con Fi e con il centrodestra, un’Italia migliore». E poi: «Ora basta litigi. Fi va rinnovata con il contributo di tutti. I moderati in Italia sono maggioranza».

Nel giro di 24 ore Berlusconi ha ottenuto due successi indiscutibili: il voto praticamente unanime contro le riforme e un’assoluzione definitiva che, se non blinda quell’unanimità, rende comunque ben più difficile romperla. In concreto la situazione sua e del partito resta difficilissima: pur nel momento di gioia, i suoi ammettono che le regionali promettono disastri. Persino l’ultima roccaforte, quella campana, vacilla di brutto, e Renzi sta spendendo tutte le sue notevoli armi di persuasione non solo morale per convincere Alfano ad appoggiare De Luca e non Caldoro. Le divisioni nel partito non sono probabilmente sanabili, quelle nella coalizione ancora di meno. Alfano si congratula per l’assoluzione, però correda le felicitazioni con veleno puro: «Ora rompi con la Lega». Lo stesso orizzonte giudiziario rimane tempestoso, con la nuvola nera del rinvio a giudizio per il Ruby-ter che incombe, anche se l’assoluzione nel processo Ruby rende quella minaccia un po’ meno pericolosa.

Tutto vero, e dunque tutto incertissimo per l’ex cav. Resta il fatto che è sopravvissuto a una giornata campale che avrebbe dovuto infliggergli il colpo di grazia, che è politicamente vivo se non vegeto e che può quindi provare una posizione di fatto unica: quella del solo leader del centrodestra capace di rivolgersi sia all’elettorato moderato che a quello radicale.

Ma la vera questione, ancor più delle bizze dei suoi e dell’odio che impera tra i frammenti della sua antica coalizione, è proprio questo: Berlusconi è ancora in grado di rivolgersi con qualche credibilità se non a tutto il suo vecchio elettorato almeno a una sua corposa parte?

Il nodo è lì, e il grande imbonitore lo sa. Quando dice «speriamo che adesso gli italiani si accorgano di quello che ci hanno fatto e che si possa recuperare qualcosa», è sincero, molto più di quando ringrazia «i magistrati che hanno dimostrato coraggio e indipendenza», e dà voce a un rovello reale.

La sua vera forza, in questi vent’anni e passa, non è stata solo il controllo dei media. E’ stata la capacità di comunicare con un Paese che voleva credergli a tutti i costi e si rispecchiava non nei suoi pregi ma soprattutto nei suoi difetti. Quanto di quella magia il prestigiatore sia ancora in grado di esercitare è forse la principale incognita che grava sul suo destino politico.

La seconda incognita riguarda il se e il quando gli sarà permesso di tornare a usare le proprie arti. La condanna è scontata. Uno dei processi più insidiosi è finito in assoluzione. Restano gli effetti devastanti di quella legge Severino che non sarebbe mai passata senza il suo via libera e che gli vieta ogni candidatura ancora per anni. Tutti gli azzurri, nonché il fratello Paolo accorso anche lui a Roma per gioire con l’assolto, reclamano una modifica.

Lui, Silvio il realista, non si illude. A chi gliene parla replica: «Speriamo nel ricorso a Bruxelles».