Giusto 30 anni fa le grandi manifestazioni del Fronte Popolare a Tallin scossero fin dalle fondamenta il potere sovietico e nel giro di un paio d’anni condussero all’indipendenza dell’Estonia e alla dissoluzione dell’Urss. Oggi l’Estonia che si avvia al voto (ma niente seggi, il voto qui è rigorosamente online da anni) è un paese molto diverso. Lo Stato baltico è membro della Ue dal 2004, ha adottato l’euro e negli ultimi anni ha conosciuto una robusta crescita economica. Nel 2018 il Pil è cresciuto del 4,9%, il suo reddito pro capite è di 23mila euro annui che però schizza a 30mila se valutato a parità di potere d’acquisto grazie a un welfare che fa invidia alla miglior tradizione socialdemocratica del nord Europa.

DAL 2016 IL PAESE è governato da una Große Koalition: Juri Ratas del Partito di centro è il premier di una coalizione che comprende anche il partito socialdemocratico e Patria, una formazione di centro-destra moderata. Questo tripartito si propone di governare ancora nella prossima legislatura facendo leva sulle ottime performaces economiche e sulla mancanza di scandali che ne hanno segnato il cammino.

QUI A DIFFERENZA della Lituania dove ancora recentemente il Consiglio d’Europa ha denunciato una politica discriminatoria nel confronti della minoranza russa, i processi d’integrazione sembrano aver funzionato. È ormai dal 2011 che la Federazione Russa non segnala casi di misure lesive dei diritti dei russofoni (il 25% circa della popolazione) e anche le violente polemiche dei primi anni 2000 sul recupero da parte di Tallin di tradizioni neofasciste legate alle vicende della Seconda guerra mondiale sono state archiviate. Molti russi oggi raggiungono il paese dalla vicina San Pietroburgo nel week-end apprezzando la bellezze della parte storica della sua capitale, il suo celebre pesce affumicato e acquistando tanti formaggi francesi e italiani usciti di scena in Russia dopo le sanzioni del 2014.

Ma la crescita del tenore di vita della popolazione ha portato con sé anche posture egoistiche, razzismo e xenofobia. Si spiega così la crescita negli ultimi anni del Partito conservatore del popolo i cui fondamenti programmatici ricordano la Lega di Salvini. Difesa del valori tradizionali, euroscetticismo, neoliberismo esasperato ma sopratutto xenofobia sono la cifra politica dei conservatori-popolari. Conducendo una spregiudicata campagna contro le quote obbligatorie di rifugiati imposte dalla Ue l’estrema destra ha soffiato sulle paure di una immigrazione cresciuta solo nell’ultimo anno del 10% mentre in Lettonia e Lituania il saldo migratorio resta negativo. Riscoprendo persino la russofobia e l’odio nei confronti dei migranti ucraini disponibili a impiegarsi nei lavori più umili.

E ANCHE SE TUTTI i partiti hanno sprangato le porte all’ipotesi di allearsi con una forza anti-sistema e razzista, è chiaro che se il partito conservatore del popolo dovesse superare il 20% dei suffragi potrebbe rimescolare le carte della politica estone.