Come le favole anche Favola, film d’esordio di Sebastiano Mauri, racconta una storia d’amore. Non ci sono principi e principesse, forse c’è qualche mago cattivo e qualche regina (madre) crudele, ma nei colori pastello di interni rosa acceso e vestiti con ampie gonne, che cambiano senza mai dimenticare il grembiulino, ci sono due casalinghe perfette nell’America da rotocalco patinato degli anni Cinquanta, Mrs. Fairytale e Mrs.Emerald. Sono amiche, diverse nel look, la prima lo stereotipo scintillante della moglie devota alla casa, la seconda con abiti Fifty impeccabili, ma del resto è nel regno di Mrs. Fairytale che tutto accade, tra le mura domestiche di solitudine comune, whisky consumato di nascosto, caschi da parrucchiere, visite clandestine dei ragazzi vicini di casa, anche loro un po’ icone degli ardori proibiti della casalinga: l’idraulico, il timido, il danzatore di mambo, gemelli più giovani e sempre pronti a ammaliare – in tutti tre si cala con generosità Luca Santagostino.

 

Ha un marito fuoricampo Mrs. Fairytale che la picchia «ogni giorno» e la fa sua il mercoledì. Una madre (Piera degli Esposti geniale) che vede gli alieni mentre lei si immagina volteggiare a una festa di capodanno tra mille corteggiatori, musica e volute di fumo. Una cagnolina impagliata, Lucy, che sembra la sua sola compagnia. Ha un marito anche Mrs. Emerald che la tradisce, ha un amante e strane riviste di uomini nudi nel cassetto. A lei non la sfiora nemmeno, e chissà da quanto tempo.

 

C’è molto Todd Haynes di Lontano dal Paradiso o di Carol e non solo per gli anni Cinquanta dell’American Dream, e qualcosa di Sirk nel film di Mauri che prende origine dalla pièce teatrale (con lo stesso titolo) di Filippo Timi protagonista come sul palcoscenico insieme a Lucia Mascino; una coppia danzante e irriverente di variazioni del femminile contro le gabbie del gender e dei suoi stereotipi. Tutto come a teatro accade in un unico luogo, la casa perfetta di televisioni, alberi di Natale sempre in piedi, compresi i regali da scartare sotto, e la città che si intuisce dalla finestre, un’America lontana, mentre l’esterno irrompe dalla porta come un incubo, un’allucinazione, una distorta realtà che si cerca di respingere cercando la fuga.

 

Al cinema ancora oggi e domani – evento speciale per Nexo Digital – Favola in modo scanzonato con il suo happy end che (senza fare spoiler) reinventa un modo di stare al mondo è un oggetto eccentrico tra le tendenze del nostro cinema, raffinato e impudente nel modo di esplorare una questione complessa ( e oggi molto importante) come l’identità: sessuale, della vita, dei sogni, delle pulsioni, di una continua sfida per affermare il desiderio e la possibilità di viverlo senza gabbie, dell’amore, delle relazioni, e di quella dimensione familiare di cui sentiamo infliggerci di nuovo un solo modello – mamma&papà.

 

È una materia rischiosa, così come quell’origine teatrale, che però il regista sa riposizionare nel tempo e nel movimento del cinema, sfuggendo la retorica nell’ironia, perché si ride spesso con Timi e Mascino, nonostante i loro drammi, e nell’equilibrio di una recitazione che è il film ma al tempo stesso non lo invade mai.

 

Con la complicità della fotografia di Renato Berta, che sui pastelli lascia fluire ombre scurissime quasi noir, Favola costruisce nello spazio in cui si svolge il movimento emozionale dei suoi protagonisti quella battaglia per essere se stessi, dolorosa e insieme appassionata. Nel melodramma che si intreccia alla canzonetta scorrono i sentimenti e la crudeltà che quella superficie risplendente cela coi suoi fantasmi e le sue «double identity» soffocate dal perbenismo, da morali che stritolano e rinchiudono e condannano quanto reputano un ’«imperfezione» (o meglio ancora una vergogna) quando è invece energia e bellezza.

 

Mrs. Fairytale e Mrs. Emerald sono due splendide icone queer, quasi contrappunto e specchio l’una dell’altra, in quella favola che è un po’ un incubo – ma non lo sono tutte le favole? – da cui lottano per scappare via. La realtà è da scoprire, anzi da costruire, ma saranno loro a sceglierla, e questa sarà la «Favola».