Sono 274 le vittime registrate nella giornata di giovedì, quasi un centinaio di meno del giorno precedente che ora appare solo un picco episodico. Il numero totale delle vittime sale a 29.958.

Rimane stabile il numero di nuovi casi, ancora 1.401. Circa gli stessi del giorno prima, ma a causa di oltre tremila nuove persone guarite il numero di persone attualmente positive scende sotto le 90mila unità. Mai così intensa l’attività diagnostica: in Lombardia sono stati realizzati 15mila test, in tutto il paese oltre 70mila. Su base settimanale, il numero di vittime è sceso del 18% e quello dei nuovi casi del 33%.

Per il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro, di test se ne devono fare anche di più, durante la fase 2. «Siamo un paese che fa tantissimi tamponi, tra quelli che ne fanno di più al mondo, e tra i sanitari vengono oggi ripetuti periodicamente» è la tesi sostenuta davanti ai parlamentari della Commissione Affari Sociali della Camera. «Dobbiamo investire i tamponi disponibili sui contatti stretti dei contagiati, perché rintracciandoli precocemente possiamo contenere la circolazione del virus».

LA FASE 2, CONTINUA, sarà «basata su tre gambe: la prima è il monitoraggio a livello nazionale e regionale per intercettare focolai, la seconda è garantire strutture per far fronte alle esigenze delle persone affette da Covid». Quindi bisogna potenziare le Unità Speciali di Continuità Assistenziale, i piccoli team incaricati della sorveglianza e del monitoraggio dei pazienti e dei casi sospetti? «Credo il governo stia lavorando per investimenti specifici», dice lo scienziato. Infine vanno «garantiti tutti i servizi sanitari che nella fase 1 sono stati sospesi o limitati».

Brusaferro frena sui test sierologici, utili a livello statistico per un’indagine nazionale sulla diffusione del virus ma da respingere come strumento diagnostico individuale. «Non sappiamo ancora quanto dura la memoria immunitaria e la quantità di anticorpi protettivi che consente di dire che una persona è immune», spiega. Però in molte regioni sono già disponibili anche presso ambulatori privati, con un discreto giro economico per chi li somministra. «I test non ci dicono se l’infezione è in corso o risale al passato. E quindi non devono indurre a una rischiosa falsa sicurezza». Il rischio di un’eccessiva sicurezza è improbabile. «La fase 2 è una scommessa per tutto il paese», ammette Brusaferro.

ANCHE LA FRANCIA è alle prese con calcoli analoghi. Ieri il governo di Edouard Philippe ha comunicato in una conferenza stampa il piano per l’allentamento del lockdown che inizierà l’11 maggio. Il ministro della sanità Olivier Veran ha mostrato mappe del paese diviso in due zone, colorate in rosso e verde. Nella zona rossa, che comprende la regione parigina e il nord-est del paese, la circolazione del virus è ancora attiva e le misure di distanziamento sociale dovranno essere più rigide. Da lunedì prossimo riaprirà l’85-90% delle scuole dell’infanzia e elementari, ma su base volontaria per gli alunni e con classi numericamente ridotte, in alternanza con la didattica a distanza. Per le scuole medie il ritorno è rinviato al 18 maggio e a giugno per i licei. La decisione non è stata condivisa dal Consiglio Scientifico che affianca il governo nella lotta alla pandemia. Gli esperti avevano proposto di mantenere chiuse le scuole fino a settembre e definiscono la decisione «una scelta politica».

Riaprono anche centri di formazione professionale e i luoghi culturali di prossimità, come le biblioteche e i musei. Ancora chiusi bar, ristoranti e cinema e anche i confini. A parte le scuole, la fase 2 francese assomiglia da vicino a quella italiana. D’altronde, anche i dati epidemici sono simili, con circa 90mila casi attualmente positivi nel paese.

ANCHE IL REGNO UNITO domenica annuncerà il percorso verso l’uscita dal lockdown. Il ministro degli esteri Dominic Raab avverte di non attendersi un “liberi tutti”: «Qualunque cambiamento a breve termine sarà piccolo, graduale e sorvegliato molto attentamente». La prudenza è obbligatoria con 539 vittime registrate ancora ieri. L’epicentro del contagio europeo ora è in Russia. Da ormai una settimana si contano circa 10mila nuovi casi ogni giorno, in buona parte a Mosca. Il tasso di letalità però è inferiore all’1% (da noi è il 14%). Secondo testimonianze raccolte nel paese, dipende dal modo diverso in cui si classificano i malati con altre patologie.