Alla vigilia dell’intervento della famiglia di Giulio Regeni alla sottocommissione diritti umani dell’Europarlamento, il premier egiziano Mandbuly era tornato sul caso di Patrick Zaki, in carcere al Cairo dal 7 febbraio 2020: «Decidono i giudici, non il governo». Senza specificare che detenzione cautelare prima e processo poi si tengono in un tribunale speciale anti-terrorismo.

Proprio sul rispetto (mancato) dei diritti umani in Egitto si è concentrato ieri l’intervento di Paola Deffendi e Claudio Regeni: «Le singole nazioni procedono in base a interessi particolari» malgrado «la situazione molto preoccupante per i diritti umani».

E poi l’appello alle istituzioni Ue, da quell’Europarlamento che nel dicembre 2020 aveva chiesto embargo di armi e sanzioni ai responsabili di abusi: «Vicinanza e aiuto con fatti concreti, perché si faccia verità e giustizia per nostro figlio. Significherebbe anche aiutare il popolo egiziano». Poco dopo ha parlato Pelayo Castro, capo della divisione diplomatica Ue per l’Egitto: il caso di Giulio «è stato discusso al massimo livello, nel Consiglio Affari esteri. L’Alto rappresentante continua a chiedere all’Egitto di cooperare pienamente con le autorità italiane».