Sarà pure stata pensata dall’allora ministro Enrico Costa (dimessosi tre mesi fa) come «un avvenimento di alto rilievo istituzionale, di partecipazione, di confronto e dibattito sui temi della famiglia, dove si possano approfondire temi relativi ai bisogni concreti e, contestualmente, elaborare proposte per garantire la tutela dei diritti delle famiglie». Al plurale, appunto. Ma la terza Conferenza nazionale della famiglia – anno domini 2017 – che sarà aperta domani a Roma dalla sindaca Virginia Raggi e alla presenza del premier Paolo Gentiloni e della presidente della Camera Laura Boldrini, del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, della ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e molti altri, prevede un solo modello familiare, quello composto da una coppia eterosessuale sposata e con figli “propri” che è ormai in via d’estinzione e che neppure la neonazista Alice Weidel può prendere più come riferimento. Il governo italiano invece, a poco più di un anno dall’appovazione della legge sulle unioni civili, ha escluso dal simposio le associazioni che rappresentano le famiglie omosessuali e perfino quelle con figli adottati all’estero.

A denunciarlo, per prime, sono state le associazioni Famiglie Arcobaleno, Rete Genitori Rainbow (che si sono viste rifiutare la richiesta esplicita di partecipazione) e l’Agedo, che rappresenta genitori e amici di persone Lgbt e che è stata invitata solo come spettatrice, senza diritto di parola. Stesso trattamento riservato all’Arcigay. Eppure, alla Conferenza, organizzata dalla Presidenza del consiglio con il supporto dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia, un «organismo di supporto tecnico-scientifico» costituito ad hoc, parteciperanno invece supporter di quei Family day che tanto hanno ostacolato perfino la blanda legge sulle unioni civili.

«Il governo – protestano Marilena Grassadonia (Famiglie Arcobaleno), Alessandra Forani e Gabriele Faccini (Rete Genitori Rainbow) e Fiorenzo Gimelli (Agedo) – non può farsi promotore di un evento che si rifiuta di prendere in considerazione le istanze sia delle famiglie omoparentali di nuova costituzione cioè che hanno avuto figli all’interno della coppia omosessuale, sia delle numerose famiglie ricomposte in cui un componente della coppia omosessuale abbia avuto figli da relazione etero precedente, tutte realtà in cui sono presenti bambini e ragazzi che vanno tutelati». «Nonostante le decine di sentenze che ormai riconosco di fatto le famiglie formate da persone dello stesso sesso e i loro figli, la politica fa ancora finta di non vedere», aggiunge Adriano Proietti, presidente di Gaycs (Dipartimento lgbt dell’Associazione Italiana Cultura Sport).

Alzano la voce anche le associazioni che si occupano di adozioni internazionali, come l’ong Cifa for children che sul sito denuncia: «La nostra richiesta di partecipazione è stata rifiutata con una motivazione che ci pare decisamente discutibile. Da decenni Cifa è l’Ente Autorizzato che in Italia porta a termine il maggior numero di adozioni e abbiamo contribuito a formarne più di cinquemila, di famiglie. Il fatto che si tratti di famiglie adottive significa forse che le “nostre” famiglie valgono di meno rispetto a quelle biologiche?».

Al coro di proteste la Presidenza del consiglio non ha trovato migliore risposta che armare la sottosegretaria Maria Elena Boschi di una vergognosa proposta: incontrare a latere, fuori dalla Conferenza, i rappresentanti delle famiglie Lgbt.