I poveri si possono deportare e allontanare dai figli, le donne devono essere sterilizzate. Non sono esseri normali, hanno meno diritti e portano malattie. Questo è ciò che rimane in mente dopo aver letto un libro bello e scioccante di una storica dell’Università di York, Canada, Fixing the poor. Eugenic sterilization and child welfare in the Twentieth Century di Molly Ladd-Taylor (Johns Hopkins University Press): un «ritratto» del populismo eugenetico giustificato dalle esigenze dello stato sociale. Pratiche che per quanto disumane nella storia degli Stati Uniti non sono una novità e hanno una serie di diretti precedenti storici.
È proprio quello che racconta con chiarezza, avvalendosi di ogni sorta di fonti documentarie Fixing the poor. Migliaia di persone dichiarate «unfit», disabili, solo a causa della loro etnia e classe. D’altronde, abbiamo sentito Trump dire: «Perché abbiamo tutta questa gente da paesi di merda che viene da noi?», riferendosi a immigrati da Haiti e dall’Africa. O, ancora, con un tweet presidenziale: «Ai democratici non importa nulla dei crimini e vogliono immigrati illegali, che invadono e infestano il nostro paese».

IL DIPARTIMENTO di giustizia statunitense, da un po’ di tempo, non soltanto deporta i richiedenti asilo ma sempre più spesso li criminalizza, colpendo i più poveri e i senza cittadinanza che hanno come unica colpa quella di voler immigrare negli Stati Uniti. Migliaia di bambini, spesso neonati, sono stati separati dai genitori e spediti a centinaia di miglia di distanza in complessi militari abbandonati, depositi, vecchie carceri dismesse, località irrintracciabili. Prima del passo indietro di Trump sulla separazione, l’Attorney General (giudice supremo) Jeff Sessions aveva sostenuto che l’allontanamento dei bambini dai genitori avrebbe disincentivato ulteriori immigrazioni.
Ma la storia raccontata da Ladd-Taylor è anche peggiore: la sterilizzazione a fini eugenetici è addirittura divenuta parte del sistema di welfare dello stato.
Per decenni sono state varate leggi di welfare sociale tese a risolvere i problemi della povertà, del sesso, e delle madri single, cancellando i diritti dei poveri. Cioè rinchiudendoli in carcere e adoperando la sterilizzazione come misura di welfare sociale. Un valido aiuto per contenere le spese.

IL DARWINISMO SOCIALE e l’eugenetica erano diventati di moda alla fine dell’Ottocento in tutta Europa, ma negli Stati Uniti questa pseudo-scienza si istituzionalizzò con l’emanazione di una serie di leggi basate sulla misoginia, il pregiudizio di classe, la paura della razza e un risentimento anti immigrati. Fu proprio in questo periodo che venne creato il famigerato Eugenics Records Office di New York con il compito di stabilire la purezza «nordica» dell’etnia.
Il movimento di Igiene sociale – che riteneva giusto intervenire sulle scelte riproduttive delle donne senza mezzi economici – propagandò e attuò la sterilizzazione di massa, la separazione dei figli dai genitori e la detenzione, senza limiti di tempo, delle donne giudicate inabili. Essere privi di mezzi economici era uno degli indicatori dell’«inabilità».
Lo studio di Molly Ladd-Taylor racconta con numerosi esempi questa pagina oscura della storia americana. Una politica di igiene sociale che, studiata e arricchita dai medici nazisti, si è poi trasformata nell’orrore assoluto della soluzione finale. I poveri, soprattutto donne e ragazze, erano sospettati di essere all’origine della maggior parte dei problemi di «immoralità, delinquenza, stupidità, debolezza mentale, sfrontatezza». Il loro trattamento era una questione di salute pubblica. Le malattie veneree, la prostituzione, la disabilità mentale erano considerate non soltanto come contagiose ma anche come fenomeni genetici, innati, biologicamente incorreggibili.
Furono moltissime le famiglie distrutte, con i figli sottratti ai genitori e «rinchiusi» in istituti per «dependent and neglected children», poi eventualmente fatti adottare, e padri e madri imprigionati.

«CI SONO GENITORI che non sono degni di crescere cittadini di questa repubblica», affermava Galen A.Merrill, un sopraintendente scolastico a metà degli anni 80 dell’Ottocento. «Pensate per un momento alla differenza che farebbe nel futuro – scriveva in una lettera del 1863 il famoso geologo e biologo svizzero americano Louis Agassiz – se invece delle virili popolazioni discendenti da nazioni imparentate, gli Stati Uniti fossero abitati da un’effeminata progenie di razze miste, mezze indiane, mezze negre, con qualche goccia di sangue bianco. Tremo alle conseguenze». Nel 1906 John Harvey Kellogg, l’inventore dei popolarissimi corn-flakes, creò una Fondazione per il miglioramento della Razza. Più o meno negli stessi anni il biologo Charles Davenport fondò la «American Breeder Association» che aveva come missione di lanciare l’allarme sulla «minaccia che veniva alla società dal sangue inferiore». A sostegno di queste tesi veniva spesso adoperata la teoria dell’eredità formulata da Mendel per organismi semplici come i piselli. Una serie di condizioni complesse – denominate allora come degenerazione, idiozia o demenza, si pensava – sbagliando – potessero essere trasmesse da un singolo tratto genetico.

QUESTO ERRORE fu la giustificazione per la sterilizzazione, l’incarcerazione, la segregazione di giovani donne giudicate deboli di mente. La sterilizzazione venne adoperata come il «mezzo più efficace» per combattere la degenerazione razziale. Si pensi al Bureau of Social Hygiene fondato nel 1911 da John D. Rockfeller Jr. Nel 1977 quasi dieci milioni di americani, di cui circa il 30% di coppie sposate fra i 15 e 44 anni, erano state sterilizzate chirurgicamente, per lo più seguendo programmi finanziati federalmente. La maggioranza erano donne nere e di basso reddito.
La sterilizzazione forzata divenne nota in tutto il paese quando scoppiò il caso di due ragazzine afroamericane Minnie Lee Relf, 14 anni e sua sorella Mary Alice, 12 anni: sterilizzate perché i lavoratori sociali erano preoccupati dai ragazzi che ruotavano attorno alle due e la sterilizzazione venne ritenuto il metodo migliore per evitare che rimanessero incinte. La madre che non sapeva né leggere né scrivere, aveva dato il suo consenso con una X pensando di favorire una terapia di controllo delle nascite. Questo caso del 1973 fa impressione, come sottolineato in Fixing the poor perché la sterilizzazione avvenne non per uno statuto eugenetico, ma per il piano di una clinica di programmazione familiare, finanziata dall’ Ufficio di opportunità economiche, come parte della «Guerra alla povertà».

NELLE CONCLUSIONI Ladd Taylor è molto chiara. «Il welfare per i bambini e il sistema di giustizia criminale sono emersi nel XXI secolo come i principali strumenti di controllo eugenetico perché sono facilmente conciliabili con le preoccupazioni religiose riguardo all’aborto, la sterilizzazione e le tecnologie di genetica riproduttiva. Le politiche economiche e sociali correnti incoraggiano gli americani ricchi ad avere bambini, scoraggiando contemporaneamente le donne con basso reddito o madri single, specialmente con disabilità, drug addicts e le donne nere e povere». «Le prigioni oggi adempiono a molte delle stesse funzioni delle pubbliche istituzioni per i malati e i ritardati mentali dei giorni dell’apice dell’eugenetica – continua poi la storica – Sciolgono famiglie con problemi, riducono il numero di bambini nati in condizioni di bisogno (defective, dependent and deliquent) e promettono di proteggere la società dal pericolo, tenendo persone considerate minacciose o oversexed, fuori dalla vista e dalla mente».
La notizia che quasi centocinquanta donne sono state sterilizzate illegalmente in California fra il 2006 e il 2010 ha fatto suonare l’allarme sull’eugenetica ancora viva e vegeta negli Usa. Meno attenzione c’è invece per le numerose crudeltà di routine – come l’allontanamento forzato dei figli, donne incarcerate per droga o crimini minori con processi sommari